martedì 3 maggio 2016
​La squadra di Claudio Ranieri conquista la Premier inglese, ma negli ultimi anni il pallone europeo ha esaltato altri piccoli club: dal Montpellier al Sassuolo...
Tutti i Leicester sorprese d'Europa
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In Inghilterra la locuzione sta già diventando proverbiale: “doing a Leicester”, fare qualcosa di eccezionale in maniera imprevista e imprevedibile. Merito del Leicester City di Claudio Ranieri e della sua straordinaria cavalcata al comando della Premier League che si è aggiudicata ieri sera, dopo il pareggio 2-2 del Tottenham con il Chelsea. Un titolo che farà epoca, ma per fare un Leicester sono necessari alcuni fattori: essere una provinciale al di fuori delle logiche metropolitane, avere alle spalle una letteratura di infrequenti attimi di gloria in una vita di costante mediocritas, trovarsi ad un certo punto con una società solida e mezzi mai visti in precedenza ed essere pronti all’appuntamento con la storia quanto tutto ciò che può andare bene, improvvisamente, va effettivamente per il verso giusto. Insomma, una sorta di Legge di Murphy al contrario che potremmo chiamare per assonanza e con il bomber simbolo dei Foxes - la Legge di Vardy. “Doing a Leicester”, appunto, perché così in Premier League non ha mai fatto nessuno. Eppure in Europa e nella stessa Inghilterra, ma persino in Italia, squadre che hanno oltrepassato i propri limiti in stile Leicester, per quanto non in maniera così roboante, non sono mancate, anche solo restringendo l’arco temporale a quindici anni, da quando cioè il calcio ha introiettato gli attuali paradigmi economico-finanziari. In Inghilterra a rovesciare gli schemi - in FA Cup, perché prima dell’assalto alla diligenza di capitan Morgan e compagni sembrava che la Premier fosse impossibile da conquistare - erano stati Portsmouth e Wigan, vincitori del torneo più antico rispettivamente nel 2008 e nel 2013: invero entrambe pagarono il successo a caro prezzo, i Pompeys con il fallimento due anni più tardi, i Latics retrocedendo dalla Premier appena tre giorni dopo avere alzato al cielo la coppa. Ma il Leicester City è andato oltre. Per trovare un club recente vincitore del suo primo titolo nei cinque campionati più importanti d’Europa negli ultimi anni, bisogna andare in Francia e Germania. In Ligue 1, il campionato messo in bacheca del Montpellier nel 2012 è quanto di più simile a ciò che ha compiuto il club presieduto dal tycoon thailandese Vichai Srivaddhanaprabha: primo scudetto, in una piazza con palmarés ridotto e spesso a fare da spola tra massima divisione e Ligue 2, peraltro in una città di 255 mila abitanti, poco meno di Leicester. Ma il campionato francese, soprattutto prima dell’arrivo al Psg di Al-Thani, era più aperto di quello inglese. In Germania, invece, è del 2009 il trionfo del Wolfsburg, ma la situazione è differente: la città piccola c’è, la storia senza picchi pure, ma la Volkswagen, proprietaria del club, aveva lanciato la sfida per vincere. E vinse, mentre il piano di Srivaddhanaprabha era giocarsi l’accesso in Champions dopo tre anni di Premier, non certo trionfare al secondo colpo.  Più Leicester-style gli spagnoli del Villarreal, 50mila abitanti; dal nulla si sono portati alle zone alte della Liga, ma il capolavoro l’hanno ottenuto in Europa: una semifinale di Champions League, nel 2006, tre di Uefa-Europa League, dove oggi puntano alla finale. Se la stanno giocando con il Liverpool che, nel 2001, interruppe proprio nell’ultimo atto il meraviglioso sogno del Leicester basco, l’Alaves di Vitoria. Arrivò a un passo dal mito, ma perse 54 contro i Reds.  E in Italia? Potrebbe rivelarsi un Leicester, in linea teorica, il Sassuolo di Giorgio Squinzi: «Ci stiamo lavorando», ha detto lo stesso patron di Confindustria. Chi lo conosce sa che non scherza, del resto i neroverdi nel 2006 erano in C2 e oggi sarebbero qualificati all’Europa League. Dal punto di vista finanziario la società è solida e ben organizzata, è un approdo che gli stessi calciatori cominciano ad anelare e può contare su un ambiente a misura d’atleta. Gli manca l’anno perfetto, quello in cui tutte le più forti non ingranano, come è accaduto quest’anno ai Foxes; la Legge di Vardy insomma. E se è vero che il Sassuolo non ha le economie e il peso di Juventus, Inter, Milan e Napoli, nemmeno il Leicester City si chiama Arsenal, United o Chelsea. Eppure...  Ma in fondo sono piccoli Leicester anche il Chievo, realtà consolidata partita dal nulla e arrivata ai preliminari di Champions League, il Carpi che tenta di mantenere una A inaspettata o il Crotone che l’ha appena ottenuta, sino al Cittadella, che per risultati è un Chievo in scala. Perché “do a Leicester” è un po’ come nei fumetti: non sempre vincono i più grandi.
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