mercoledì 28 settembre 2016
​Dalla Sicilia a Rio l'ascesa del giovane talento di Acireale, oro olimpico nel fioretto. "Il mio sogno? Diventare un medico senza frontiere".
Garozzo, il dottore in pedana
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«Noi siciliani siamo molto coriacei. Dedico questa vittoria anche alla mia terra, ai miei coetanei, perché non voglio si perdano d’animo o si arrendano alle tante difficoltà prima del tempo. Se un siciliano è sul podio davanti a un americano e a un russo, vuol dire che ce la possiamo fare». Lo avevamo apprezzato già un mese fa per questo sussulto d’orgoglio isolano in punta di fioretto, Daniele Garozzo da Acireale, ventiquattro anni e un fresco oro nel fioretto alle Olimpiadi di Rio, non più però di quanto sia risultata poi apprezzabile la sua scelta di devolvere in beneficenza l’intero premio di 150 mila euro ricevuto anche dalla Fondazione Giovanni Agnelli in qualità di medagliato olimpico giudicata più emozionante dagli italiani attraverso i voti su Gazzetta.it. 

 «Avevo ricevuto davvero tanto dall’olimpiade: aggiudicatomi la fama della vittoria e il premio di 150 mila euro per il primo posto, mi sembrava inopportuno prendere anche quello della Fondazione Agnelli, così ho giudicato doveroso donare quanto avevo ricevuto. Sono davvero felice di avere diviso l’intera quota a Medici senza frontiere, per la loro missione (rivelatasi poi importante anche nei confronti dei terremotati, ndr) e alla comunità “Madonna della tenda di Cristo” di Acireale, che offre sostegno alle ragazze madri» ha motivato la scelta. Al fianco del presidente Mattarella a Sondrio, in occasione della cerimonia di inizio dell’anno scolastico il 19 settembre, già onorato dal suo corpo militare di appartenenza delle Fiamme Gialle, insieme al presidente del Coni, Giovanni Malagò, giorno 14, non solo per la sua vittoria sportiva, per Garozzo è arrivata anche un’altra “convocazione”: il prossimo 5 ottobre, in aula Nervi, sarà chiamato a testimoniare in occasione della prima conferenza internazionale ed interreligiosa promossa dal Pontificio consiglio della cultura. 

«Sfida te stesso nella vita e nello sport», non a caso, è il tema dell’evento ispirato alle parole di Papa Francesco, per il quale è prevista la partecipazione di centocinquanta ospiti tra leader religiosi che sportivi provenienti da diverse parti del mondo. Un invito accettato con entusiasmo immediatamente dal medagliato acese, che non nasconde la mai sopita volontà di rendersi utile ai più bisognosi nelle vesti di medico, se possibile “Senza frontiere”: «Coltivo da anni questo desiderio - ammette - fin dalla fine della scuola superiore. 

Ne parlai con mio padre (angiologo, ndr): ricordo che la prima grossa prova fu superare il test d’ammissione, dato il poco tempo concesso dagli allenamenti. Certo la carriera accademica non va avanti come quella sportiva ma spero di dare qualche esame in più a breve: a motivarmi - precisa - è sempre stato il fatto di potere aiutare le persone: dopo i sei anni canonici mi piacerebbe specializzarmi in ortopedia perché, in fondo, il mio sogno sarebbe proprio quello di lavorare con Medici senza frontiere». 

 Uno sguardo internazionale, oltre lo sport, per un atleta che di strada, a partire dalla periferia del catanese, ne ha fatta: «A sette anni cominciai col maestro Domenico Patti, in via Kennedy nel comune di Acireale. Eravamo una quindicina ma, di quel gruppo, in ben tre siamo arrivati alle olimpiadi: io, mio fratello Enrico e Marco Fichera, entrambi recenti argenti olimpici. Devo dire - ricorda con passione - che il lavoro del maestro Patti è stato fondamentale: ci ha plasmati dal punto di vista caratteriale.

Se siamo molto tenaci come carattere e inclini al sacrificio, lo dobbiamo in particolare al suo senso dell’etica del lavoro». In effetti, sono stati ben sei i siciliani su diciassette schermidori qualificatisi a Rio, tutti ora emigranti a parte Rossella Fiamingo. Su questo, Garozzo espone alcuni spunti: «Dopo la medaglia ho voluto dire quella frase per quelle che possono essere le difficoltà nel nostro territorio.

È risaputo come per trovare il modo per emergere, purtroppo, spesso si debba ancora andare fuori dalla Sicilia. Personalmente ho dovuto farlo a diciotto anni: sono andato a Frascati perché reputato il centro migliore per il fioretto maschile in Italia, oltre a trovarvi il maestro Fabio Galli che avevo già avuto modo di apprezzare tanto durante i ritiri nazionali. Ma il primo problema in Sicilia - evidenzia - è che le distanze con la sede delle gare sono ampie: fare gare a Roma, Milano, come in fondo nella stessa Cosenza, una delle tappe più vicine, richiede notevoli spese tra albergo e incontro.

L’altro limite è il costo dell’attrezzatura sportiva, che ha un costo impegnativo per tante famiglie». Limiti materiali, ma non solo, precisa il campione: «Talvolta noto troppa tendenza a lamentarsi rispetto alla voglia di fare: genericamente tante persone che hanno voglia di cambiare le cose dovrebbero a mio avviso prodigarsi in più atti e meno parole. È sempre più costruttivo che stare seduti e lamentarsi dei problemi che abbiamo» affonda, non proprio di fioretto ma efficacemente per chi ha orecchie da intendere, con un impegno personale finale: «Personalmente credo di non avere ancora espresso il meglio di quanto posso fare, perché sulla difensiva non mi reputo tra i migliori e intendo lavorare per migliorarmi».

Detto da chi ha le carte in regola, per lo meno stando all’anagrafe, per affrontare altre due olimpiadi, sembra che il meglio debba ancora venire, non solo sul piano sportivo.

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