lunedì 8 dicembre 2014
Stroncato da un infarto sul palco mentre stava cantando uno dei brani che lo ha reso famoso, "Oro", è morto il cantante Mango. Il malore lo ha colpito alla fine di un concerto a Policoro, in provincia di Matera. Aveva sessant'anni. Martedì mattina è morto il fratello maggiore di 75 anni, anche lui per infarto.
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MORTO IL FRATELLO MAGGIORE DI MANGO Giovanni Mango - fratello di Pino, il cantante morto a Policoro (Matera) nella notte fra domenica e lunedì - è morto martedì mattina a Lagonegro (Potenza), forse anche lui per un infarto. Giovanni Mango, che era il fratello maggiore del cantautore ed era un muratore, ha avuto un malore ed è stato trasportato nell'ospedale di Lagonegro, dove è morto. I funerali del cantante sono già fissati per mercoledì a Lagonegro, dove è aperta la camera ardente, nella villa dell'artista. Secondo quanto si è appreso, l'uomo si è sentito male all'interno della villa del fratello: è stato soccorso da alcuni operatori dell'associazione "Humanitas" ed è stato trasportato all'ospedale di Lagonegro dove è morto poco dopo.

 UNA GRAVE PERDITA PER LA MUSICA ITALIANA La scomparsa di Mango, tradito domenica sera da quel cuore a cui in trentotto anni di carriera aveva dedicato centinaia di versi alati, è una perdita per la musica italiana di cui solo il tempo renderà chiara la portata. Il destino ha atteso l’autore di Mediterraneo sul palco del Pala Ercole di Policoro, a soli cento chilometri da quella Lagonegro dove risiedeva e dov’era nato sessant’anni fa. Se mai aveva pensato all’aldilà, Giuseppe “Pino” Mango la sua uscita di scena l’aveva probabilmente immaginata proprio così: sul palco, davanti al pubblico, cantando una delle sue hit più celebrate, durante un’esibizione benefica proprio come quella del Pala Ercole, organizzata attorno ai temi della solidarietà e dell’integrazione per raccogliere fondi a favore della Onlus “World of Colors” impegnata nella costruzione di una scuola a Bolama, in Guinea Bissau. Un commiato in punta di piedi, col garbo antico di quel carattere schivo che, un attimo prima di accasciarsi sul piano elettrico nel finale di Oro, l’ha spinto a sussurrare al microfono «…scusate». Quella di Policoro era l’ultima replica di “Elettroacustico”, il giro di concerti messo in strada per rifinire il lavoro sulle nuove canzoni in vista del tour che a gennaio avrebbe riportato Mango nei teatri col repertorio de L’amore è invisibile, ventunesimo album di una discografia varata nel 1976 da La mia ragazza è un gran caldo, dedicato al florilegio musical-letterario di artisti particolarmente amati come il Battisti di Una giornata uggiosa, il Buonocore di Scrivimi, il Bowie di Heroes o gli U2 di One. «Sono nato come cantante all’età di sette-otto anni, quando il mio pane quotidiano erano Beatles, Stones, Aretha Franklin, gli Zeppelin. Poi ho trovato la mia strada, ma il desiderio di rubare questi sentimenti altrui, di sentirmeli addosso, di respirarli, di coglierne il battito cardiaco più intimo e intenso, m’è rimasta», diceva a proposito di quelle cover affrontate cucendosi addosso la sognante corazza dell’“acchiappanuvole”. E pensare che fino al 2008 le aveva sempre guardate con diffidenza. Fino a quel momento gli era bastato pescare dal serbatoio delle sue Bella d’estate, Australia, Sirtaki e quella Rondine in cui tanti colleghi, scossi dal lutto, hanno voluto identificare nei loro messaggi e nei loro tweet l’animo volatile dell’amico. Mogol ricorda bene come nacque Oro. «Ero andato a trovare Mara Maionchi alla Fonit Cetra – spiega il paroliere – e mentre ero lì, in un corridoio, sentii una voce particolarissima uscire da una stanza. Chiesi a Mara chi fosse e lei mi presentò quel giovane di belle speranze. Le aveva appena proposto un provino di quella che poi sarebbe diventata Oro: tenemmo la melodia ma io riscrissi il testo. Da allora siamo rimasti amici, collaborando ancora per Nella mia città e per Mediterraneo, che rimane forse la più grande canzone scritta insieme». Era la sviscerata passione per la poesia a rendere i testi importantissimi per Mango, autore pure di due raccolte di versi: Nel malamente mondo non ti trovo e Di quanto stupore. «Amo Pablo Neruda, che considero un po’ il mio maestro, perché scriveva poesie come se fossero canzoni, dando valore al suono delle parole – ricordava –. Ma amo pure Odisseas Elitis e Nâzim Hikmet». Nei suoi sette Sanremo (quello del ’98 in condominio con Zenima), il cantante lucano aveva colto il risultato più grosso nell’86 grazie a Lei verrà, divenuta un vero e proprio tormentone a dispetto del 14° posto raggiunto nella graduatoria finale, mentre il miglior piazzamento l’aveva centrato con l’ultima partecipazione, quella del 2007, in forza del quinto posto di Chissà se nevica. Proprio Chissà se nevica Mango l’aveva condivisa nella serata riservata ai duetti con la moglie Laura Valente (con cui due anni prima aveva cantato Ti amo così nell’album Il dicembre degli aranci), l’ex Matia Bazar sposata nel 2004 dopo diciotto anni di vita comune e dopo la nascita dei figli Angelina e Filippo, coinvolti entrambi nell’ultimo album L’amore è invisibile. Nel cassetto rimangono una serie di progetti, tutti letterari: una terza raccolta di poesie, un romanzo dal titolo Le movenze dei cuori puliti imperniato su alcune storie d’amore ambientate nel Seicento, e, il più bizzarro di tutti, un libro di cucina con ricette “poetiche” accompagnate da foto e canzoni dello stesso “sapore”.

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