lunedì 30 marzo 2015
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Intreccio o combattimento? Sull’etimologia della parola “concerto” si discute da cinquecento anni. L’esperienza dice che, quando due musicisti si incontrano sul palco per “concertare”, entrambe le versioni sono giuste. Se poi i musicisti sono tre, tutti con una personalità spiccata, e suonano lo stesso strumento, dialogo e battaglia saranno al massimo grado. C’è da aspettarsi (e augurarsi) questo quando il prossimo 10 aprile a Genova all’auditorium del Porto Antico ci saranno Luis Bacalov, Stefano Bollani e Alberto Pizzo per 3 Piano generations. Non solo tre generazioni (Bacalov è nato nel 1933, Bollani nel 1972 e Pizzo nel 1980) ma soprattutto tre storie differenti, tre modi di pensare il pianoforte.«L’idea nasce da me», racconta Luis Bacalov, radici classiche, anima tanguera, una carriera nel pop d’autore e nel cinema, premio Oscar per Il postino: «Nella miriade di combinazioni provate quella di tre pianoforti mancava». Si tratta di un incontro tra solisti, ognuno con il suo linguaggio: «Il repertorio della serata sarà variopinto – ha commentato Stefano Bollani – ci alterneremo in una serie di soli, duetti per poi sfociare nel trio. Io sarei felice di “lanciarmi” nel tango, che è il territorio di elezione di Bacalov e che io adoro, pur avendolo frequentato molto poco».Il tango ci sarà, conferma Alberto Pizzo, dei tre il talento in ascesa, che spiega come «con due e soprattutto tre pianoforti l’approccio all’arrangiamento è vicino alle combinazioni orchestrali. Il lavoro di scrittura è centrale per creare strutture molto precise su cui improvvisare. Nei brani che Bacalov ha rielaborato per due pianoforti c’è un approccio più classico, mentre in quelli per tre pianoforti Bollani avrà spazio per l’improvvisazione. Io invece ho scritto un brano per tre pianoforti che partendo da Bach passa Oscar Peterson per sfociare in Armando’s Rhumba di Chick Corea». Ed è stato proprio Corea a consigliare a Bacalov il giovane pianista napoletano, che uscito dal conservatorio è passato al jazz e al crossover: «Tra noi tre – dice il maestro argentino – Pizzo è forse il più irruente, ama fare tanto, a spingersi sul virtuosismo. Bollani è un pianista a tutto tondo, estroso, capace di spaziare su una varietà infinita di generi e repertori. Io sono il più calmo di tutti. Diciamo che nell’approccio sono il meno giovanile».Punto comune tra tutti e tre sono gli studi classici: «Da ragazzino – racconta Bacalov – vivevo a Buenos Aires, all’epoca una città estremamente interessante dal punto di vista culturale. Ho sentito grandi solisti e direttori di orchestra, mi sono nutrito bene... La differenza in America latina rispetto all’Europa è che non si fa differenza tra musiche. Se si studia Beethoven o Chopin non è che non si fa folklore e jazz. In Europa la tendenza è a chiudersi: si guarda con supponenza, imbarazzo se non disprezzo ciò che non è grande musica occidentale. Eppure praticare gli altri generi è un ottimo allenamento, è un bagno di flessibilità e di rigore».Molto è cambiato però anche nel nostro paese. Soltanto una decina di anni fa un concerto di questo tipo sarebbe stato difficilmente concepibile. Il pianoforte solo si è affrancato dalle etichette di genere (strumento classico o jazz), il suo paesaggio si è allargato. Pizzo, uscito dalla scuola pianistica napoletana, una lunga esperienza a New York, un album, On the way, a metà tra America e Mediterraneo in cui collabora con Renzo Arbore, Toquinho e David Knopfler, è un esempio di questa nuova tendenza. «Io penso che il pianoforte nell’ultimo decennio abbia acquisito per fortuna una nuova dimensione, fuori dagli schemi consueti, che concentra i riflettori sullo strumento. È un vero filone di ricerca: penso ad esempio a Bacalov, che dall’orchestra ha fatto un percorso inverso al pianoforte, letto in chiave essenziale. La fusione di stili è ciò che mi interessa davvero, e forse è così fin da quando ero bambino. C’è stato anche un percorso di marketing. Crossover e minimalismo sono stati cavalcati anche da chi intendeva vendere la propria immagine. Ma se dai la semplicità perché sai fare solo quella non andrai lontano». Bacalov pensa che sia anche una questione generazionale: «La ragione sta anche nel pubblico. Nelle sale da concerto l’età media è alta, pianisti che fanno altre proposte attirano una platea più giovane, che oggi ascolta con libertà Debussy come Bollani. Io sto pensando di proporre dei recital in cui abbinare Brahms e tango, Mozart e musica latinoamericana. Per me sarà una fatica in più... Davanti a Mozart si trema, è una musica che non si può mascherare».
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