giovedì 9 ottobre 2014
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«Giuda mi ha cambiato la vita. Questo ruolo in Jesus Christ Superstar è una grande responsabilità per me credente, perché narra proprio gli ultimi 7 giorni di vita di Gesù. E mi sta facendo crescere come artista e come uomo». A parlare è Feysal Bonciani, fiorentino di origini somale, 24 anni, che è la vera rivelazione del musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, con la regia di Massimo Romeo Piparo. Un fattore di personalità, oltre che di gran voce, per il ragazzo al suo primo ruolo in un musical dopo anni di studi e provini. Capace di tener testa, nei panni che furono del compianto Carl Anderson al cinema, agli interpreti originali del film di Norman Jewson che gli stanno al fianco in questa produzione. Ted Neely (Gesù), Yvonne Elliman (Maddalena) e Barry Dennen, ormai 70enni ma ancora carichi di grinta, sono pronti, dopo le standing ovation al Sistina di Roma, all’autocelebrazione definitiva domenica prossima all’Arena di Verona, dove terranno ben due spettacoli-evento live, alle ore 17.00 e alle 21.00, in diretta su Radio 102.5.«Da professionisti come loro, ho solo da imparare – aggiunge Feysal –. In particolare da Ted Neely. Lui è una persona profondamente cristiana e spirituale e prima di ogni rappresentazione mi ritrovo con lui in camerino per concentrarci e stabilire la giusta armonia». Tutta l’opera ruota intorno alla dualità tra il Cristo e l’apostolo che lo tradirà. «Ma non dimentichiamolo, Gesù e Giuda erano amici – aggiunge Feysal –. In quest’opera Giuda è vittima del proprio destino, e c’è in questo loro rapporto di grande amicizia sia l’affetto sia il dramma. Giuda è potente, combattivo, ma fragile come tutti noi, diviso tra odio e amore. Ecco perchè questo musical ha la capacità di unire tutti, credenti e non credenti. Lo trovo bellissimo».E a proposito di credere, Feysal racconta il ruolo importante dei suoi genitori, svelando ad Avvenire, con sincerità la propria storia. Che è quella di un bambino nato a Careggi, Firenze, da una madre somala di cui non si sa nulla. «Sono stato per 9 mesi nell’Orfanotrofio degli Innocenti dove poi ho avuto la fortuna di essere adottato da queste due persone meravigliose che sono mio padre Roberto e mia madre Sabrina, due veri angeli – dice Feysal spalancando un sorriso –. È come se un bambino nero, come dico io, fosse nato in una famiglia bianca, perché davvero è così: anche biologicamente siamo molto legati. Ho anche due fratelli, uno più piccolo uno più grande, e fra noi non c’è alcuna differenza». Grazie ai suoi genitori, che hanno creduto nel suo talento artistico, Feysal è potuto andare a studiare canto e recitazione prima a Torino, poi a Milano, accantonando i primi sogni da calciatore. Sono seguiti tanti provini, e per due volte l’artista ha sfiorato il sogno di debuttare nelle produzioni sia inglesi che tedesche di Re Leone della Disney nel ruolo di Simba. «Poi invece, la mia America l’ho trovata in Italia, superando un provino fra 500 aspiranti al ruolo di Giuda, selezionato dal direttore del Sistina Piparo e dallo stesso Ted Neely, che di Carl Anderson era grande amico. Ecco, ora tutto l’amore che mi hanno dato i miei genitori, cerco di ripagarlo anche interpretando questo ruolo. E vorrei dare speranza anche a tanti giovani italiani».A mamma e papà, Feysal deve anche la formazione religiosa, oltreché umana. «Loro sono molto cattolici, e pure io sono praticante, vado a Messa e in questi anni ho sempre avuto l’appoggio del mio parroco, fra Stefano, della parrocchia di San Michele Arcangelo a Grassina (Firenze) – racconta Feysal –. Quante volte in questi anni gli raccontavo i miei sforzi e le mie delusioni in campo artistico. Per questo ora è tutto più bello: è venuto a vedermi a Roma con i ragazzi della parrocchia, ed è stato contentissimo». Il lavoro da fare è ancora tanto, c’è una lunga tournée in ballo che toccherà Milano, Genova, Bologna e la sua Firenze. Però Feysal resta con i piedi per terra ed è attento a quello che lo circonda e che, in qualche modo, lo colpisce direttamente. «Ogni giorno, quando vedo gli sbarchi di tanta povera gente in arrivo dall’Africa mi si apre il cuore. So che è una questione controversa, ma io sono per l’accoglienza. Penso che forse la mamma da cui sono nato ha affrontato anche lei chissà quali difficoltà e peripezie. E vorrei saperne di più. Quando sarò pronto, in futuro, la cercherò». Infine c’è ancora un sogno nel cassetto che Feysal confessa timidamente: «Ted Neely è riuscito a salutare papa Francesco nel giugno scorso. Sai mai...».
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