martedì 26 maggio 2015
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«Sono contento che l’Agcom abbia riconosciuto che non abbiamo violato la par condicio. È la dimostrazione che io lavoro in modo corretto. Per me vale il principio che chi sbaglia deve pagare, io per primo. Se invece il problema è che faccio 4 milioni di telespettatori con il 25% di media share...». Massimo Giletti non ha fatto in tempo a godersi il successo della stagione dell’Arena di Domenica In che conduce da 11 anni, conclusa il 17 maggio con il picco di ascolti dell’intervista a Matteo Renzi, che subito gli sono piombate fra capo e collo due docce fredde. La prima, la multa di 20mila euro erogatagli dalla Rai per aver scagliato a terra il libro di Mario Capanna durante una lite in diretta, l’altra l’interrogazione in commissione di Vigilanza Rai e l’esposto all’Agcom avanzato da Renato Brunetta di Forza Italia e dal Movimento 5 Stelle con l’accusa di violazione delle regole della par condicio per l’intervista al premier in periodo preelettorale. Venerdi scorso il responso dell’Agcom: nessuna sanzione per Giletti che, come scrive il commissario Antonio Nicita «ha rispettato nel complesso tempi parola/partiti soggetti» bensì solo un «richiamo su contraddittorio» invitando la Rai a limitare la presenza del governo per consentire una rappresentazione paritaria delle forze in campo. «Si ripristina tutto con geometrie politiche che alla fine hanno portato Berlusconi su Raitre da Fazio», spiega Giletti consapevole che in campagna elettorale tutto questo polverone «ci sta». Anche se lui preferirebbe parlare di risultati: la sua Arena quest’anno è stato il programma più visto della domenica con ascolti (oltre 21% di share in media) superiori anche ai molti talk show di prima e seconda serata (che veleggiano intorno al 5%), premiato pure dal Qualitel (l’indice di gradimento del pubblico Rai) che l’ha visto in crescita. Inoltre Giletti in questi giorni sta registrando due puntate pilota di un nuovo programma.Senta Giletti, dopo aver portato a casa tali ascoli non si aspettava un finale di stagione così agitato?«Partiamo dalla multa, che accetto perché ho sbagliato. Capanna l’ho sempre rispettato, ma mi convinceva di più quando stava sulle barricate a favore degli ultimi. Adesso difende i privilegi della sua classe politica con arroganza. Chiesi scusa per il gesto in se, ma quel libro era già stracciato dal suo contenuto».E l’intervista a Renzi?«Accetto quello che può pensare un uomo intelligente come Brunetta, che stimo, ma io faccio il giornalista e il mio mestiere è intervistare i personaggi. Sono una persona libera. Se è per questo, tempo fa chiesi anche di intervistare Berlusconi. Come ha comprovato l’Osservatorio di Pavia, ho sempre rispettato tutti i partiti, anzi, addirittura ho dato più minuti alle opposizioni».Il pubblico da casa, comunque, la segue.«Il mio obiettivo è dare ascolti alla Rai. Più fa ascolti, più incassa. Ma questo è anche frutto di un lungo lavoro sul prodotto. Ho cercato negli anni di allontanarmi da un certo stile di tv, puntando sulle inchieste, non sulle risse. L’Arena ha moderato i toni: quest’anno siamo passati da 6 a 4 ospiti, c’era più spazio per il ragionamento e il pubblico ci ha premiati con un punto percentuale in più».E questo nell’anno della crisi dei talk. Anche Santoro ha chiuso Servizio Pubblico.«È un peccato, perché Santoro è sempre un punto di riferimento. Diciamo però che il boom d’ascolto dei talk era dovuto a Berlusconi, ora che non c’è più è calato l’interesse. Io ho, come dicevo, ho privilegiato le inchieste: sui piloti dell’Alitalia, sui vitalizi, sugli assenteisti. E le dirò di più. Noi costiamo pochissimo e siamo un prodotto interno Rai».Insomma, lo confessi. La domenica pomeriggio ormai le sta stretta. Pronto per il salto in seconda serata?«Alla Rai non ho mai chiesto niente, è lei che deve decidere. Credo, però, che potrei fare qualcosa di buono col mio gruppo di lavoro, piccolo ma di qualità. Il 15 ottobre festeggio 25 anni di carriera, sono un figlio della Rai, iniziai nel 1990 come praticante a Mixer, per me Minoli era un mito con il suo stile giornalistico innovativo. E ancora oggi credo davvero che occorra puntare sugli autori giovani, avvicinarsi alle giovani generazioni che non guardano la tv con progetti forti. Io sono abituato a sperimentare, ma per farlo ci vuole coraggio».Le due puntate pilota di quest’estate?«Si tratterà di due seconde serate molto importanti a luglio. Che spero abbiano un seguito. L’oggetto sono alcuni grandi episodi avvenuti in Italia nel passato, che vengono analizzati e studiati con i protagonisti di allora. Il pubblico ha bisogno di serate evento, che però aiutino a capire di più».A proposito di serate, lei torna il 20 giugno con Una voce per padre Pio da Pietrelcina in prima serata.«Questo è il mio tredicesimo anno. Da programma canoro, l’ho trasformato in un racconto. Quest’anno avremo la testimonianza fortissima di un soldato italiano sopravvissuto in Afghanistan all’esplosione che colpì il Lince su cui viaggiava e in cui morirono suoi tre compagni».Che rapporto ha col santo?«Mia nonna Melania ne era una devota e quando avevo 9 anni mi portava ogni mercoledì sera alla preghiera per Padre Pio nella chiesa di San Francesco di Assisi a Torino. Da lì è entrato a far parte della mia vita».E il suo rapporto con la fede?«Credo che occorra coraggio anche in questo. La fede è una ricchezza, non occorre ostentare ma bisogna viverla nel proprio comportamento all’interno del sistema. Potrei raccontare i miei 30 viaggi a Lourdes, ma non è necessario. Piuttosto per me è importante essere onesto intellettualmente e rispettare gli altri».
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