martedì 18 dicembre 2012
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​Benigni riesce a rendere travolgente anche la Costituzione italiana. A suo modo, un po’ guascone irriverente coi politici e un po’ prof appassionato dedito a rinfrescare la memoria degli italiani, come già aveva fatto con l’Inno di Mameli. E ieri sera, nell’immenso Teatro 5 di Cinecittà addobbato dalla scenografia in legno di Gaetano e Chiara Castelli, in oltre due ore di diretta su Raiuno Benigni ha voluto attorniarsi di giovani, per spiegare quanto la nostra Costituzione sia La più bella del mondo (il programma con la regia di Stefano Vicario e prodotto dalla Melampo Cinematografica stasera alle 20.45 sarà in replica su Rai5).Benigni entra in scena e i ringrazia i vertici della Rai, il Presidente della Repubblica e poi subito via per mezz’ora con le solite gag su Silvio Berlusconi, il cui ritorno in campo è per Benigni un invito a nozze. «S’è ripresentato, Silvione pietà – attacca. – È la sesta volta, la settima si riposa – aggiunge ridendo – ha diviso l’Italia in due: metà sono contrari, metà sono disperati». Poi si cambia gradualmente registro, riaffiora il Benigni patriota intento a raccontare la grandezza dell’Italia, la nascita dell’opera più ispirata dei padri fondatori della Patria. Bisogna «amare la politica, che è la cosa più alta». È appassionato Benigni. «Politica è costruire la nostra vita. Se si dice che i politici sono tutti uguali facciamo un favore ai disonesti. E poi votare: è l’unico strumento che abbiamo. Se ti tiri fuori è terribile, fai come Ponzio Pilato, dai il potere in mano alla folla. E la folla sceglie sempre Barabba». Il comico ripercorre la storia fra le due guerre, le sofferenze del fascismo, del nazismo e del comunismo, la «resistenza partita dal basso», la dignità ritrovata. Benigni cita poi i padri fondatori come degli eroi: Dossetti, De Gasperi, La Pira («un santo»), Parri, Segni, Saragat, Scalfaro, Pertini.E poi via, con i 12 principi fondamentali della Costituzione. Un elenco che nell’Italia di oggi, ferita dalla crisi economica e morale, risuonano da monito e ispirazione. Benigni ne dà una visione entusiastica, e sottolinea «la bellezza» di questi principi con energia rara. Innanzitutto il concetto di democrazia così faticosamente conquistato e oggi dato troppo per scontato. E poi, come recita l’articolo 1, il diritto al lavoro, «il lavoro è passione», aggiunge l’attore che passa con forza all’articolo 2, che parla «dei diritti inviolabili» della persona, perché per quelli che l’hanno scritta, «la persona è tutto». E ancora sulla frase «i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» per Benigni i costituenti «sono riusciti a mettere insieme la Bibbia e Darwin». Benigni scorre l’articolo 3 dove tutti i cittadini «hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge» passando all’articolo 4: «Ogni legge che va contro il lavoro è un sacrilegio, con la disoccupazione le persone perdono se stesse, non avere lavoro produce infelicità. Il lavoro è la nostra vita: se non c’è lavoro crolla tutto, la repubblica e la democrazia». Nell’articolo 5, invece vince «la sacralità dell’Unità d’Italia» mentre Benigni insiste poi sull’articolo 7: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani». «Un articolo che è una cosa enorme per la pace, il principio della laicità dello Stato è la base» aggiunge Benigni, che sembra però dimenticare che «separazione» non significa ignorarsi, ma rispettarsi e collaborare, in un concetto inclusivo e non esclusivo di laicità. Sbavature minime.Poi Benigni passa all’articolo 8, quello sul rispetto di tutte le religioni, invitando ad «amare il prossimo tuo come te stesso». La cavalcata nella Costituzione passa per l’articolo 9 dove «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione» mentre l’umanità vince nell’articolo 10 che parla della «diritto di asilo» dello straniero. Benigni invita alla pietà per i carcerati e attacca la pena di morte, poi insiste sulla pace con l’articolo 11, dove «l’Italia ripudia la guerra». Infine chiusura con l’orgoglio nazionale: «Articolo 12, La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso».
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