mercoledì 25 febbraio 2015
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«Mia mamma mi ha sempre raccontato che quando avevo due anni e alla radio c’era l’opera io lasciavo i giochi e mi mettevo ad ascoltare. E quando a 5 anni mi chiedevano che cosa avrei fatto da grande dicevo sicura la cantante d’opera ». Mirella Freni venerdì compie ottant’anni. «I miei sono sempre stati appassionati di musica e anche pochi giorni prima che io nascessi erano in teatro ad ascoltare l’opera» ci aveva raccontato qualche tempo fa la cantante lirica che inizia già oggi a festeggiare con una serata al Teatro alla Scala, dove il soprano ha cantato per la prima volta nel 1962 nel verdiano Falstaff: stasera sarà la stessa Mirella Freni a ripercorrere la sua carriera attraverso racconti, ma anche filmati e audio delle sue storiche interpretazioni.  «Avevo uno zio, il fratello di mia mamma, che amava tanto l’opera, suonava il piano e mi insegnava alcune arie. Cantavamo così per gioco. Poi la passione è cresciuta e mi sono messa a studiare seriamente», ricordava ancora andando con la mente alla sua città, Modena. Dove ha sempre vissuto e dove è sempre tornata dopo aver raccolto successi in tutto il mondo. E dove venerdì, giorno esatto del suo ottantesimo compleanno, festeggerà “in casa”, con una serata tra ricordi e musica sul palco del Teatro Comunale.  Teatro intitolato all’amico di sempre, a Luciano Pavarotti. Teatro dove il soprano modenese ha debuttato il 3 febbraio 1955, giusto sessant’anni fa. «Ero giovanissima, avevo 19 anni, ero molto emozionata e carica di quell’entusiasmo che hanno i giovani debuttanti. Mi sembra di rivedere il Comunale pienissimo. E di sentire l’affetto della mia città, il calore dei miei amici loggionisti che dalla galleria facevano il tifo per me. Sin da ragazza ho sempre frequentato il loggione e loro mi volevano un gran bene». In locandina c’era Carmen di Bizet. E Mirella Freni interpretava Micaela. «Un ruolo che divenne subito un mio cavallo di battaglia, che ho cantato in tutto il mondo». Un ruolo che ha sempre portato nel cuore tanto da chiamare Micaela la figlia avuta dal marito, Leone Magiera: i due si erano conosciuti sui banchi di scuola, quando lui era il pianista accompagnatore dell’insegnante della Freni, il baritono Gigi Bertazzoni. E per dedicarsi alla famiglia la Freni decide di stare per tre anni lontana dalle scene. Non teme di interrompere una carriera che sta prendendo il volo. Carriera che riprende trionfalmente a Glyndebourne cantando Susanna nelle Nozze di Figaro di Mozart. «Ho amato tutti i personaggi che ho interpretato, qualcuno, certo, forse un po’ di più perché mi assomigliava caratterialmente, ma mi è difficile sceglierne uno, sarebbe come chiedere a una madre quale dei suoi figli ama di più». E sono stati decine e decine i ruoli che la Freni ha portato al successo. Quelli verdiani come Elisabetta nel Don Carlo, Desdemona in Otello, Amelia nel Simon Boccanegra in un’indimenticabile edizione con la bacchetta di Claudio Abbado e la regia di Giorgio Strehler. Quelli del repertorio belcantistico come Adina nell’Elisir d’amore o Elvira nei Puritani. Ma anche il Novecento con Adriana Lecouvreur e Fedora. E tanto Puccini: Manon Lescaut, Tosca, Madama Butterfly, Suor Angelica.  E naturalmente la Mimì della Bohéme. «Non dimenticherò mai il debutto alla Scala nell’allestimento di Zeffirelli, che il teatro ha ancora oggi in repertorio. Sul podio c’era Karajan e da lì iniziò un sodalizio artistico durato più di vent’anni. Era il 1963 e per me si aprirono le porte di tutti i teatri del mondo». Nessun rimpianto. «Conoscendo bene le mie possibilità, quelle che erano le qualità della mia voce, cosa potevo e non potevo fare, non ho neanche cercato tanto di avventurarmi in altri ruoli. Sono soddisfatta di quello che ho fatto anche perché ho fatto tanto. Lo dico con molta serenità». Oggi, dopo aver detto addio alle scene, l’insegnamento per formare le nuove generazioni di cantanti lirici e per trasmettere loro «l’entusiasmo che avevo al debutto e che mi accompagna ancora oggi, la serietà, l’onestà sul lavoro, la capacità di mettersi sempre in discussione e di sapere anche dire dei no. Questo, forse, il “segreto” della mia carriera».
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