sabato 21 marzo 2015
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Quando c’è di mezzo Simone Cristicchi il neologismo è d’obbligo, a partire da quel 'cantattore' che ben descrive il mix tra cantante, autore di musiche e testi, e attore, per arrivare al 'musical civile' forgiato per Magazzino 18 (l’opera teatrale su foibe ed esodo giuliano- dalmata), per finire con l’ultima sfida, la rivisitazione della Buona  Novella di Fabrizio De André, a metà tra “suite sacra” e “opera sinfonica”. Nata da un’idea di Valter Sivilotti (lo stesso autore e direttore d’orchestra di Magazzino 18) e di Giuseppe Tirelli (Fondazione De André), vedrà la luce il primo aprile al Teatro Orfeo di Taranto nell’ambito del Mysterium Festival di musica sacra. Cristicchi, quali sono le novità rispetto al disco di De André, 45 anni dopo? «La Buona Novella viene letteralmente stravolta dal punto di vista musicale, diventa un’opera sinfonica suonata da un’intera orchestra, grazie all’arrangiamento di Valter Sivilotti, che ha fatto un’operazione straordinaria, potente, stupenda. Io sono stato chiamato a interpretare uno dei dischi che ho amato di più tra quelli di De André, il mio grande maestro. Accanto alle canzoni di Faber, però, sto scrivendo un monologo in cui immagino che Gesù torni sulla terra oggi: immediatamente viene scambiato per un “clandestino” e messo in un centro di identificazione ed espulsione, poi passa per il carcere e finisce tra i barboni della stazione, in mezzo agli ultimi di oggi, tra i poveri che dormono sui cartoni mentre la gente passa accanto, veloce e indaffarata. È questa la sua Via Crucis, in un mondo che si è allontanato sempre più dal messaggio di Cristo “ama il tuo prossimo come te stesso” e dal Vangelo. Sto componendo un testo che è drammatico e ironico insieme, con una forte invettiva verso chi commette il male in maniera programmata: il mio è un Gesù che non perdona tutto, che non lascia passare. In futuro questo monologo potrebbe diventare il nucleo di uno spettacolo autonomo tutto dedicato a Gesù». Oltre che ovviamente al Vangelo, a chi ti sei ispirato per questa parte? «Alle parole di due sacerdoti di frontiera, il genovese don Andrea Gallo, amico di De André, e il friulano don Pierluigi Di Piazza, alla loro attitudine a stare in mezzo agli ultimissimi, gli stessi che attiravano lo sguardo di De André e che da sempre interrogano anche me... La voce del mio monologo dice agli uomini che “se Gesù oggi tornasse voi non lo mettereste in croce, perché non lo riconoscereste più”: questa volta morirebbe nel mare dell’indifferenza. Ho sempre pensato che Dio si debba cercare nell’umanità sofferente, là dove questa viene offesa, e la vita dei sacerdoti come loro ci insegna a riscoprire un Gesù che si nasconde nei bassifondi». Sembra di risentire le parole di Papa Francesco, che nella «globalizzazione dell’indifferenza » vede il cancro dei nostri giorni. Di recente hai dichiarato che questo spettacolo prende le mosse dalla figura proprio di Francesco, è vero? «Temo sia un’interpretazione libera di qualche giornalista, visto che oggi tutti si richiamano a Francesco... La Buona Novella nasce, come ho detto, dall’incontro tra il maestro Sivilotti, la Fondazione De André, Dori Ghezzi, me e la vita di due sacerdoti. Sinceramente non siamo partiti da Francesco. Comunque è un Papa che sa parlare a tutti, anche ai non credenti, e tocca profondamente le coscienze. L’anno scorso mi fu proposto un musical su san Francesco e lo volevo intitolare solo Francesco proprio per richiamare il suo messaggio. Per ora è un’idea che tengo nel cassetto». Da sempre tratti temi particolari e scomodi, di grande valenza sociale e culturale, ma senza rinunciare alla tua vena ironica, penso ad esempio all’“allegro” del coro Dentro la buca che in Magazzino 18 descrive le foibe. «Il grottesco c’è anche nella Buona Novella, ad esempio quando Gesù entra in un Apple Center e lo scambia per una cattedrale, dove tutti “pregano” piegati su queste tavolette, ne accarezzano il vetro. Ovunque vede il simbolo Apple della mela morsicata, come quella del peccato... È un passaggio agghiacciante e divertente insieme: oggi non si parla più, il “dialogo” avviene toccando uno screen. Gesù guarda quella umanità e cerca invano una spiritualità che non c’è. Per ora questa parte è solo recitata, ma in futuro mi piacerebbe farne un musical». Tre repliche in Puglia e poi? «Di regione in regione, ovunque andremo adatteremo lo spettacolo itinerante, inserendo di volta in volta nella Buona Novella i canti sacri della tradizione locale. Prossima tappa potrebbe essere il Friuli Venezia Giulia, con il repertorio dei canti mariani di Grado». Sono passati anni luce dalla tua canzone Prete, decisamente violenta. Cristicchi in questo tempo è cambiato? «Forse oggi sono un’altra persona rispetto a chi ha scritto quel testo. Alcune cose le penso ancora, ad esempio quando cantavo che Gesù si vergognerebbe di una chiesa ricca e con le banche piene, ma non era giusto il modo. Lo considero uno sfogo adolescenziale dai toni sbagliati e infatti non la canto da dieci anni. Oggi utilizzerei non più il sarcasmo ma la poesia, però l’intento sarebbe lo stesso, un invito a vivere il Vangelo in modo più autentico».
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