giovedì 18 settembre 2014
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​Il nome a chi ci è passato suona come qualcosa di familiare: «Non c’è un perché» è il titolo della campagna di comunicazione sui tumori che colpiscono l’adolescenza.
Non ci si aspetta che accada a quell’età.  E allora il primo cruccio dei genitori sembra essere quello di capire di chi è “la colpa”: la genetica? l’ereditarietà?
Il claim è azzeccatissimo: non serve crucciarsi, tanto il perché non lo si trova. Piuttosto, meglio concentrarsi sulla consapevolezza che anche quell’età può accadere. E prenderla in tempo. Perché gli adolescenti sono quelli che vengono curati peggio degli altri. E muoiono a parità di possibilità di guarigione più che nelle altre età. Sono studi scientifici a sostenelo.
Esiste da qualche mese e per la prima volta in Italia una Società medico scientifica per lo studio e la cura dei tumori dell’età adolescenziale. Si chiama Siamo (www.progettosiamo.it) . E questo è il video alla campagna di prevenzione lanciata in questi giorni e che ha come testimonial Jake La Furia dei Club Dogo.
“Ogni anno – spiega la Siamo –  in Italia si ammalano di tumore circa 800 adolescenti (15 – 19 anni) e tra 1000 e 2000 giovani adulti, secondo il limite superiore di età che si vuole prendere in considerazione. I pazienti adolescenti arrivano alla diagnosi e quindi alle cure con un ritardo diagnostico significativo rispetto ai bambini. I motivi sono legati alla scarsa informazione dei ragazzi e delle famiglie, alla paura di affrontare il sospetto di malattia, al ritardo nell’invio allo specialista oncologo da parte del medico che visita il paziente, alla mancanza di una rete efficace sul territorio nazionale. Il ritardo diagnostico può avere come conseguenze la progressione della malattia da una forma localizzata a una più avanzata o metastatica e un significativo impatto sulle probabilità di guarigione. È fondamentale quindi porre la massima attenzione da parte di famiglie, medici e degli stessi ragazzi alla necessità di una diagnosi precoce. È inoltre fondamentale considerare gli aspetti psicologici nell’approccio alla malattia, ovvero il fatto che gli adolescenti si trovano ad affrontare la diagnosi e le cure in un momento particolarmente delicato della vita, della crescita e della costruzione della propria identità”.  E lospiega qui il dottor Andrea Ferrari dell’Istituto Nazionale dei tumori:
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