sabato 16 giugno 2012
​L'area filo-gay spinge per emendare il documento che farà parte del programma elettorale. Ora il testo passa al vaglio dell’Assemblea, che potrebbe modificarlo. Resistono i moderati, decisi a difenderlo, mentre si annuncia battaglia.
ANTICIPAZIONE Domenica su Avvenire intervista a Rosi Bindi
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Tregua armata nel Pd. Le due anime del partito fanno pressione sul segretario, dopo l’approvazione del testo del Comitato dei diritti che non equipara le coppie gay alla famiglia tradizionale. Chiude il discorso la presidente Rosy Bindi, decisa a difendere il testo elaborato, considerato equilibrato e rispettoso di tutte le esigenze in campo. E soprattutto in grado di essere apprezzato in un ottica “quasi costituente”: dalla sinistra di Vendola (di certo molto più “radicale” in quanto a visione e richieste) sia dai centristi di Casini (non disposti a impelagarsi in derive ben distanti dalla sensibilità dell’Udc) sia nello stesso Pdl.

Insomma, in una fase delicata per il Paese, ancora stretto nella morsa della crisi, non conviene al Pd aprire nuovi fronti di polemica, motivo per cui i redattori del documento cercano di ottenere il placet di Pier Luigi Bersani. Ma non sarà un obiettivo facile. Il leader democratico ha le otto pagine del delicato documento sul suo ipad da giovedì sera. Ma ancora non ha detto sillaba. Né deve pronunciarsi ufficialmente, poiché il testo sarà votato dall’Assemblea di luglio, senza escludere un possibile passaggio con voto in Direzione. Di fatto il segretario pd aveva detto la sua in occasione del “Gay pride”, suscitando non poche polemiche all’interno del partito. Dell’elaborato, così come partorito in un anno abbondante di incontri, non si farà né una proposta di legge né un punto del programma di governo, sebbene serva proprio a stabilire le linee guida del programma.

Un po’ come avvenne nelle quasi trecento pagine di quello di Romano Prodi, in cui vennero inseriti i controversi (e affondati) Dico. E questa volta si va verso una proposta “aggiornata” e (forse) sostenibile, almeno negli auspici da una serie di rappresentanti politici, cattolici e del mondo gay, insieme con intellettuali esterni al Pd, oltre a politici ex ppi e ex ds. Anche se nel lungo documento si trattano diversi diritti della persona (non solo le unioni civili, dunque) compresa la «tutela della salute», che nega l’eutanasia, ma contemporaneamente lascia «l’ultima parola sull’intrapresa dei trattamenti e sulla loro prosecuzione» a «chi li sopporta». Nonostante la portata del lavoro, però, non si esaurisce qui lo sforzo dei rappresentanti delle due istanzedi fondo. Anzi, il mondo gay del Pd appare fortemente diviso, malgrado l’obiettivo comune di raggiungere i matrimoni gay. «Non ci arriveremo mai», dice Paola Concia, «ma la battaglia sul testo non è finita e cercheremo di modificarlo ulteriormente in Assemblea». Sono molti i punti, lamenta Concia, in piena sintonia con Ignazio Marino, su cui intervenire «anche se non credo che ce la farò a spuntare i matrimoni per gli omosessuali».

Ed è questo lo scopo finale anche del vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto, che però viene attaccato da settori del mondo gay, convinto che la sua sia una posizione di facciata. Tuttavia, a detta di Rosy Bindi e dei “moderati”, il testo non è più emendabile. Il compromesso raggiunto rappresenta l’equilibrio possibile, per gli ex popolari. A loro giudizio sulle coppie gay non si può andare oltre il riconoscimento di alcuni «diritti». Fermo restando, comunque, il riconoscimento della libertà di coscienza, nei casi in cui i temi arriveranno in Parlamento. E allora, parte il pressing sul segretario. Con i moderati pronti a fargli notare come sia meglio evitare di aprire il capitolo rovente, anche e soprattutto per non sfidare l’Udc e offrire al Pdl argomenti su un piatto d’argento.

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