martedì 30 settembre 2014
Gli uffici di presidenza della Camera e del Senato approvano il taglio degli stipendi dei dipendenti: tetto massimo a 240mila euro, coinvolto un terzo dei lavoratori.
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​​Buste paga più leggere per i dipendenti dei due rami del Parlamento. Via libera dagli Uffici di presidenza della Camera e del Senato hanno dato il via libera alla riforma del sistema retributivo del personale in servizio a Montecitorio. Il piano introduce il tetto massimo a 240mila euro e sottotetti retributivi per tutte le categorie entrerà in vigore nel corso di quattro anni. La riforma che arriva sotto forma di tetti e sottotetti stipendiali colpirà tutti i lavoratori e non piace alle 21 sigle sindacali che rappresentano circa 800 dipendenti di Palazzo Madama e i circa 1.300 di Montecitorio. Il risparmio determinato da questa riforma, che alla Camera ha un impatto sulle buste paga di 515 lavoratori, quasi un terzo del totale, a Montecitorio sarà in quattro anni più di 60 milioni, di circa 37 al Senato. In totale 97 milioni in quattro anni. Il tetto massimo per le retribuzioni di chi lavora in Parlamento è stato fissato, in analogia con quanto previsto per il pubblico impiego, in 240mila euro al netto delle indennità di funzione (che in questa legislatura sono state ridotte fino al 70%) e degli oneri previdenziali. Alla Camera oggi sforano i tetti circa 80 persone, in prevalenza consiglieri parlamentari, come si chiamano i dirigenti dell'amministrazione di Montecitorio. Tetti stipendiali (contestati da alcuni sindacati pronti ad agitare carte bollate) ci saranno in proporzione per tutte le categorie. La "linea del Piave" sarà determinata dalla retribuzione percepita per ogni categoria al 23esimo anno di servizio. Se passerà il piano, in quattro anni tutti gli stipendi dovranno scendere per scaglioni annuali fino al tetto determinato per la categoria, mentre chi non ci arriva ancora vedrà il proprio stipendio fermarsi non appena raggiunta la propria soglia di riferimento. In base ai nuovi limiti retributivi, il massimo di stipendio alla Camera passerà per i consiglieri parlamentari da 358mila euro all'anno a 240mila (il tetto previsto dal decreto Renzi per tutti i dipendenti pubblici); quello dei documentaristi da 238mila euro a 166mila, quello dei segretari da 156.185 a 115mila, quello dei collaboratori tecnici da 152.663 a 106.000 e quello degli assistenti parlamentari da 136.120 a 99mila. La musica non cambia al Senato: il massimo stipendio dei consiglieri parlamentari scenderà da 372.314 euro a 240mila; quello degli stenografi da 256.542 a 172mila; quello dei segretari da 228.179 a 166mila, quello dei coadiutori da 171.809 a 115mila e quello degli assistenti parlamentari da 142.572 a 99mila. Il tetto di 240mila euro e tutti gli altri saranno al netto degli oneri previdenziali e delle indennità di funzione, che non sono pensionabili. I sottotetti equivalgono sostanzialmente allo stipendio che si riceve al 23/mo anno di servizio, cui potrà essere aggiunto un incentivo per merito e produttività pari al 10% della retribuzione massima. "Si tratta di una misura assunta per la prima volta assieme dalla Camera e dal Senato", sostengono Sereni e Fedeli, con la vicepresidente della Camera che risponde alla critica del questore di Montecitorio Stefano Dambruoso (Sc), secondo cui i tagli decisi non sarebbero significativi. "Si può fare di più, ma penso che quando dovrà redigere il nuovo bilancio non potrà non essere soddisfatto del risparmio che si consegue. L'intervento che variamo è già molto consistente". I sindacati dei lavoratori di Montecitorio, che oggi sono stati uditi dall'Ufficio di presidenza, hanno contestato la decisione. "È falso - hanno spiegato - dire che non ci sentiamo in dovere di fare la nostra parte. La possibilità di discutere le nostre proposte ci è stata completamente negata, come quella di avanzare controproposte". I sindacati in particolare chiedono un trattamento analogo a quello applicato ai dipendenti del Quirinale vale a dire tetto di 240mila euro e contributi straorinari.
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