giovedì 3 luglio 2014
​Il premier ha inaugurato a Strasburgo il semestre di presidenza Ue. «Senza crescita il continente non ha futuro, no alle lezioni di rigore»
L'orizzonte dell'Europa (G. Marcelli)
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Strasburgo - Parlando davanti ai 73 deputati italiani a Strasburgo, pochi minuti prima del suo discorso nella plenaria, Matteo Renzi anticipa se non i contenuti, lo spirito del semestre di presidenza Ue che l’Italia ha avviato il primo luglio. Perché è chiaro che il presidente del Consiglio è sbarcato nella città alsaziana per trasportare emozioni, energia, piuttosto che contenuti. Renzi arriva un po’ in ritardo, non c’è più tempo per un vero dibattito con gli eurodeputati. Quanto basta per ricordare agli eletti che è «l’occasione per recuperare la fiducia nelle istituzioni e nella politica». Poi via per un veloce incontro con il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, quindi, con 12 minuti di ritardo rispetto alle 15 previste dal programma, Renzi arriva in aula come premier del Paese che detiene la presidenza Ue. L’ultima volta, quasi esattamente 11 anni fa, era toccato a Silvio Berlusconi. Raccontano che Renzi avesse preparato un classico discorso scritto, diviso in punti, per illustrare il programma. Ma è troppo contrario alla sua natura, non esita a cestinare il tutto, per parlare a braccio, spaziando da Google all’Odissea. «Consegneremo (agli uffici del Parlamento,) il programma scritto, lì potrete leggere tutto». «Se oggi l’Europa – esordisce – facesse un "selfie" emergerebbe il volto della stanchezza, della rassegnazione, della noia». Invece Renzi non vuole rassegnarsi. «È molto forte nel nostro corpo la ferita che ha lasciato la recente congiuntura economica. Esiste un grande tema economico e finanziario, ma l’Italia sostiene che la vera sfida che ha di fronte a sé il nostro Continente è ritrovare l’anima dell’Europa. O c’è un’identità forte da trovare, oppure perdiamo». Più tardi, parafrasando la celebre frase del principe di Metternich sull’Italia del 1815, dirà che «l’Europa non deve essere solo un’espressione geografica ma un’espressione dell’anima». Oltretutto nel mondo «non ci sarà spazio per l’Europa se accetteremo di restare solo un puntino su Google Map». In questo Renzi rivendica per l’Italia un ruolo importante, rivendica il fatto che è «tra i Paesi che danno più di quel che ricevono». Ricorda che il Pd è «il partito che ha preso più voti in Europa», pur insistendo sul fatto che «i nostri problemi nascono in Italia, non è colpa dell’Europa». E aggiunge: «Abbiamo parlato un linguaggio di verità, dicendo che noi dobbiamo fare le riforme. L’Italia non viene qui per dire che lei per prima crede nelle istituzioni europee. Viene come un grande Paese per dare e non per chiedere». A scanso di equivoci il premier ribadisce che «qui non c’è un’Italia che chiede scorciatoie», anzi «la discussione non si riduce sulle richieste di alcuni Paesi rispetto ad altri, siamo i primi a dire che bisogna rispettare le regole. Ma quello che abbiamo firmato tutti è un patto di stabilità e crescita, la richiesta di crescita come elemento fondamentale della politica economica europea serve all’Europa e anche all’Italia: senza crescita l’Europa non ha futuro». Ed ecco l’Odissea. «C’è una generazione nuova che ha il dovere di riscoprirsi Telemaco (il figlio di Ulisse, cui fu detto che non poteva passare la vita aspettando ndr), di meritare l’eredità» dei padri dell’Europa. «Io non ero nemmeno maggiorenne quando c’è stata Maastricht. Noi non vediamo il frutto dei nostri padri come un dono dato per sempre, ma una conquista da rinnovare ogni giorno». Valori che l’Unione Europea deve rappresentare anche all’estero, «voi – dice agli eurodeputati che lo ascoltano – rappresentate la civilizzazione della globalizzazione. Se al fianco di Asia Bibi, in carcere perché cristiana, non c’è un’Europa che si indigna, se non c’è la nostra reazione non possiamo definirci degni della responsabilità che abbiamo». Perché «se continuiamo a richiuderci nelle nostre frontiere non andremo da nessuna parte. Il protagonismo dell’Europa non è solo nelle esigenze economiche, negli investimenti delle nostre aziende ma anche nella dimensione umana: voi rappresentate un faro di civiltà, la civilizzazione della globalizzazione». Renzi lancia addirittura l’idea di un «servizio civile europeo», senza il quale «non c’è Europa». Non manca un riferimento alla Russia – «non si costruisce l’Europa contro il nostro vicino», e al conflitto mediorientale (diritto dei palestinesi alla patria, a Israele il diritto-dovere di esistere). Ecco, il presidente del Consiglio ha finito. Dopo la replica via di corsa per Roma, lo aspetta "Porta a Porta". C’è solo il tempo, guarda un po’, di inserirsi a sorpresa in un "selfie" che si stava facendo una giornalista.
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