venerdì 1 febbraio 2013
​Lo scandalo dell'istituo senese approda all'attenzione del Quirinale. Il presidente della Repubblica: tutelare l'interesse nazionale.
Banche e politica, è scontro Monti-Bersani
 L'inchiesta si allarga. Aperto fascicolo anche a Roma (di Nello Scavo)
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Allargandosi a dismisura, la questione dello scandalo Mps approda all’attenzione del Quirinale. Troppi sono i veleni in giro, troppe le polemiche animate anche da Mario Monti e Pier Luigi Bersani: «Teniamo i partiti lontani dalle banche», ha intimato il premier dimissionario provocando, qualche ora dopo, la risposta del segretario del Pd, che lo "sbrana" ribaltando il punto: «Via i banchieri dai partiti», con un riferimento nemmeno troppo indiretto a quello che è stato definito proprio il governo "dei banchieri». E troppe sono anche le implicazioni e le ombre gettate sul ruolo della Banca d’Italia nella vigilanza sull’istituto senese.Un clima preoccupante per il presidente della Repubblica, allarmato che i vari "ingredienti" si saldino insieme rischiando di avvitare il Paese intero in un pericoloso circolo vizioso. Sul Monte Paschi, avverte pertanto Giorgio Napolitano, è il momento di fare «chiarezza». E va rispettata la «totale autonomia della magistratura, evitando la diffusione di notizie infondate per le loro ricadute destabilizzanti sui mercati». Il tutto per «tutelare l’interesse nazionale» e facendo attenzione a salvaguardare «il patrimonio di credibilità e di prestigio» dell’intero sistema bancario e della Banca d’Italia. Sull’organismo retto dal governatore Visco il capo dello Stato ha parole nette e assolutorie: «Ha esercitato fin dall’inizio con il tradizionale rigore le funzioni di vigilanza». Nessun dubbio, quindi.Intanto lo scontro fra Bersani e Monti fa salire alle stelle la temperatura dello scontro elettorale. Attizzata, e non poteva essere altrimenti, anche da Silvio Berlusconi: «Bersani ha una bella faccia tosta» a negare i legami con Mps, commenta il Cav. che, per nulla impaurito «di essere sbranato», si domanda: «Se fosse successo a noi quante sarebbero le persone in carcere?». È stato Monti il primo, ieri, a tornare a parlare della «brutta bestia» che è la commistione tra politica e finanza, da cui si tiene a debita distanza. «Sono stato accusato di presiedere un governo di banchieri», ha premesso prima di ricordare di essere stato lui a «vietare le presenze incrociate nei Cda di banche e compagnie concorrenti». Un «passo concreto», si è difeso Monti, tornato quindi ad attaccare i democratici. Bersani allora ha messo in pratica l’avvertimento di qualche giorno fa, tirando fuori i denti: «I partiti fuori dalle banche? Sono d’accordo dieci volte. Io aggiungo: via i banchieri dai partiti». Bersani resta però accerchiato sul tema: è attaccato da destra, dal centro e da sinistra. Senza contare Grillo, che ha postato sul suo <+corsivo>blog<+tondo> una canzone di Cocciante («Questione di feeling») su una foto di Bersani che stringe tutto sorridente la mano a Giuseppe Mussari, l’ex presidente di Mps e Abi: «Il Pd non conosce Mussari. Però, nel 2011, lui e il suo vice donarono 149mila euro al pdmenoelle di Siena come finanziamento privato», ha insinuato il leader di M5S. Neppure Vendola è tenero con il suo alleato, anche perché Ingroia e Di Pietro non si lasciano sfuggire l’occasione. «Non siamo mammolette – ha rimarcato allora il leader del Pd –, alla stampa di destra dico che troveranno pane per i loro denti». E ha preannunciato querele: «Ho già dato mandato a un bel po’ di avvocati». È amara la medicina che Bersani deve ingoiare; proprio lui che, ha ricordato, ha fatto la portabilità dei mutui, è intervenuto per primo sul massimo scoperto: «e chi l’ha reintrodotto, poi? contro chi urlavano le banche fuori dalla porta? hanno mai urlato contro Tremonti? e chi ha eliminato il falso in bilancio?», ha proseguito nella sua lamentela Bersani, prima di dirsi disposto comunque a riformare la "legge Ciampi" sulle Fondazioni ex bancarie.
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