lunedì 3 agosto 2015
La ricetta dell'Amci per ridurre le spese senza danneggiare i pazienti e i più poveri.
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"Diminuire i maxi stipendi di alcuni dirigenti della sanità pubblica, dove non mancano remunerazioni che sfiorano i 150.000 euro annui, ed eliminare il clientelismo negli ospedali". Da qui bisognerebbe ripartire per ridurre gli sprechi in sanità secondo Filippo Maria Boscia, presidente Associazione medici cattolici italiani (Amci), che, in merito al tavolo convocato dal Ministero della Salute con i sindacati per affrontare il tema sprechi, sottolinea come bisognerebbe "partire dalla voce dei malati, per avere una sanità più efficiente". Nel momento in cui i tagli al Servizio sanitario nazionale spaventano e mobilitano il settore, i medici cattolici fanno il punto su possibili capitoli di risparmio. "Ci sono ospedali - spiega Boscia - che rimangono aperti per mantenere due o tre branche specialistiche, create per sistemare qualche primario e che costano quattro volte di più che se le stesse branche fossero inseriti in ospedali più grandi. Così come ci sono medici che creano bisogni sanitari indotti, favorendo sprechi in ambito farmaceutico o chirurgico". Inoltre molto si risparmierebbe introducendo anche in Italia le confezioni monouso per i farmaci, che "in genere vengono acquistati in confezioni con quantità sproporzionate rispetto al bisogno, che poi rimangono a giacere negli armadietti delle nostre case". "Non tutto può esser dato a tutti", è un altro principio che andrebbe introdotto per far funzionare al meglio il Servizio Sanitario Nazionale: "è giusto, invece, che venga dato quel che serve a chi non può permetterselo". Infine, conclude Boscia, qualsiasi ricetta per la sanità non può prescindere dal "rinnovare l'alleanza medico cittadino, restituendo etica a un legame che dovrebbe esser basato sulla fiducia".
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