giovedì 6 marzo 2014
Appello trasversale di 90 deputate. L'esame slitta a lunedì. Napolitano: auspico conclusione positiva.
Renzi all'Ue: «L'Italia sa da sola cosa fare»
LA SCHEDA  I nodi dell'Italicum
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Si alza sempre più la tensione sul tema della parità di genere. In Aula non se ne parlerà prima di lunedì, ma l'asse trasversale delle deputate per rafforzare le norme dell'Italicum sulla rappresentanza femminile in lista, mette di nuovo alla prova l'accordo tra Renzi e Berlusconi sulla legge elettorale. "Sulle quote rosa sono d'accordo con Brunetta: i ruoli politici e parlamentari vanno conquistati sul campo sulla base del merito e non sulla base del sesso". Chiedere o no il voto segreto sugli emendamenti che introducono la parità di genere? Su questo si sono confrontate e scontrate le deputate che hanno depositato le proposte di modifica alla riforma elettorale, nel corso di un incontro con la presidente della Camera Laura Boldrini. Gli emendamenti che introducono la parità di genere sia all'interno delle liste bloccate, sia tra i capilista di ciascuna Regione, sono stati presentati da diversi gruppi ma c'e ne sono alcuni bipartisan, firmati dalle donne di tutti i gruppi (con esclusione di M5s, che non è d'accordo, e della Lega che non ha deputate). Oggi però, alla riunione le parlamentari di Fi non sono intervenute, pur confermando l'appoggio agli emendamenti firmati. Alla riunione si è discusso se gli emendamenti abbiano più chance di essere approvati con il voto segreto o con lo scrutinio palese. E su questo, ha raccontato Titti Di Salvo (Sel), "ci sono due scuole di pensiero". "C'è chi ritiene che lo scrutinio segreto consenta una libertà rispetto agli 'ordini di scuderia' dei gruppi. Altri invece sottolineano che non siamo davanti a un voto di coscienza, e che è più opportuno che ciascuno si assuma le proprie responsabilità sia davanti all'Aula che all'opinione pubblica, senza nascondersi dietro l'anonimato". Secondo quanto hanno riferito alcune parlamentari che hanno partecipato alla riunione, la presidente Boldrini ha detto che in base al regolamento della Camera la richiesta di scrutinio segreto su questi emendamenti sarà valutata di volta in volta, dipendendo questo da come essi sono formulati.Alla fine, in tarda serata, 90 deputate dei partiti che sostengono la riforma elettorale - Pd, Fi, Ncd, Sc, Udc e Pi - hanno sottoscritto un "appello aperto" ai leader dei loro partiti affinché sostengano gli emendamenti bipartisan per la parità di genereNAPOLITANO: AUSPICO CONCLUSIONE POSITIVA

"Mentre sono in corso discussioni e votazioni in Parlamento sulla legge elettorale, è fuorviante chiedere al Presidente della Repubblica - in nome di presunte incostituzionalità - di pronunciarsi o intervenire sulla materia. Fin dalla prima sentenza (2008) in cui la Corte Costituzionale sollevò dubbi sulla legittimità costituzionale della legge elettorale del 2005, il capo dello Stato sollecitò doverosamente le forze parlamentari a procedere ad una revisione, e ricevette risposte largamente affermative, che non si sono però tradotte in decisioni legislative fino alla decisiva pronuncia della Consulta che con la sentenza n. 1 del 2014 ha annullato alcune fondamentali disposizioni della legge elettorale rimasta vigente". È quanto si legge in una nota del Quirinale dove viene sottolineato inoltre che "essendosi finalmente messo in moto alla Camera dei Deputati un iter di revisione di detta legge, il Presidente della Repubblica non può che auspicarne la conclusione positiva su basi di adeguato consenso parlamentare, non avendo altro ruolo da svolgere che quello della promulgazione - previo attento esame - del testo definitivamente approvato dalle Camere".L'Aula della Camera sarà impegnata nell'esame della legge elettorale oggi fino a mezzanotte, dopodiché i lavori verranno aggiornati a lunedì. La decisione è stata presa a maggioranza in Conferenza dei capigruppo a Montecitorio con il parere contrario del Pd. La richiesta di far interrompere i lavori parlamentari sulla legge elettorale, viene spiegata, è stata avanzata dal gruppo Fratelli d'Italia per celebrare il proprio congresso. Il Pd - viene evidenziato - durante la conferenza dei capigruppo ha chiesto con insistenza che si lavorasse almeno domani. In tutto restano 18 ore per la discussione. Alle 20, questa sera, ci sarà una nuova conferenza dei capigruppo.

Soglia di sbarramento al 4,5% - Intanto la Camera ha respinto, a scrutinio palese, l'emendamento alla riforma elettorale che abbassava la soglia di sbarramento dal 4,5% a 4%. La proposta, presentata da Ignazio La Russa e da Fdi, è stata sostenuta da appassionati interventi dei piccoli partiti, mentre Pd e Fi non sono intervenuti. Alla fine i "no" sono stati 308 contro i 215 Sì, comunque superiore ai 180-190 voti ottenuti da altri emendamenti che modificavano la soglia di sbarramento, grazia anche al sì di M5s. Il Salva Lega può aspettare - La Camera ha invece accantonato l'esame degli emendamenti di Forza Italia cosiddetti "Salva Lega". Le due proposte, firmate da Elena Centemero e Laura Ravetto, prevedono delle deroghe alla soglia di sbarramento del 4,5% per quei partiti che ottengono un consenso alto in almento un certo numero di Regioni. Scontro Boldrini-M5S, correttezza non di moda - Scontro in Aula fra la presidente Laura Boldrini e il M5S e conseguente bagarre. Oggetto la richiesta della presidenza di procedere "con ordine" nel richiedere la possibilità di intervenire sottolineando "come questa sia un'esigenza di correttezza", pur sapendo che quest'ultima "non è molto di moda". Parole che generano momenti di caos e un botta e risposta con il deputato grillino Andrea Colletti: "Sia seria - dice - se vuole le regalo il regolamento?". "Che simpatico...", replica Boldrini.Niente stop alle liste civetta - L'Aula della Camera ha respinto un emendamento alla riforma della legge elettorale contro le liste civetta, come ha spiegato il primo firmatario Renato Balduzzi (Sc). Con la proposta di modifica si sarebbe escluso dal computo dei voti di ciascuna coalizione quelli delle liste che non ottengono almeno l'1% su base nazionaleTensione sulle quote rosa - La richiesta bipartisan delle deputate di inserire le quote rosa nel testo, su cui Forza Italia è contraria, crea tensioni anche su altri punti. In questo contesto il premier Matteo Renzi ha insistito sul legame tra legge elettorale e riforma del Senato, sulla cui realizzazione ha detto di "giocarsi" tutto. Il premier insiste sul tasto delle riforme, in particolare su quella del Senato in Camera delle Regioni, che diventa indispensabile visto che la legge elettorale interverrà solo sulla Camera. Per lo meno a livello di dichiarazioni, Renzi ha incassato da parte di Ncd, con Angelino Alfano, e di Fi, con Giovanni Toti, l'impegno a riformare anche il Senato oltre al sistema elettorale. Messo alla prova del voto segreto, il patto Pd-Ncd-Fi ha retto nell'Aula della Camera. Ma iniziate le votazioni sulle proposte di modifica non tutto fila liscio. L'equilibrio si regge se non si cambia nulla, ed è tornata prepotente la richiesta di inserire la parità di genere nelle liste bloccate. Ci sono diversi emendamenti bipartisan che chiedono l'alternanza uomo/donna nei listini e tra i capolista all'interno di ogni Regione. Il Pd appoggia gli emendamenti ma Forza Italia difende l'attuale testo, che permette due nomi di seguito dello stesso sesso. La tensione è salita proprio dentro Forza Italia dove molte deputate (tra le altre, Stefania Prestigiacomo, Renata Polverini, Mara Carfagna, Micaela Biancofiore e Annagrazia Calabria) hanno minacciato di votare in dissenso dal partito. La ritorsione che i deputati maschi hanno a loro volta minacciato è stata il loro appoggio agli emendamenti che introducono la preferenza. Tradizionalmente, si ragiona, i politici uomini sono più abili come raccoglitori di preferenze. Entrambi i temi non sono stati affrontati nella riunione del comitato dei Nove.A complicare le cose ci sono anche i dissensi dei partiti più piccoli (Sc, Pi Cd) che emergono con forza da dichiarazioni come quelle di Mario Mauro, che preannuncia un ricorso alla Corte costituzionale. O di Pino Pisicchio, che chiede modifiche. Beppe Grillo, dalla sua villa di Sant'Ilario ha tuonato contro il Quirinale che a suo giudizio dovrebbe far sentire "alto e forte il suo monito.
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