mercoledì 23 ottobre 2013
Il ministro delle Infrastrutture puntella il governo: «Avanti anche oltre il 2015, non c'è più spazio per tentazioni. Alfano non ha pugnalato alle spalle Berlusconi, l'ha invece salvato dalla marginalità».
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«Ci sarà un confronto, non ci sarà un assalto, vedrete, le Camere non stravolgeranno la manovra...». Maurizio Lupi resta con gli occhi fermi sulle prime pagine dei quotidiani che raccontano un’inevitabile battaglia sulla legge stabilità. Le legge in silenzio. Poi alza gli occhi e avverte il Parlamento: «Il governo ha fatto una proposta, ma ora non ha nessuna intenzione di ritirarsi dalle proprie responsabilità. Ascolteremo, rifletteremo, ma diremo anche con forza alla maggioranza qual è la strada da percorrere». Una pausa leggera precede il nuovo messaggio. Ancora una volta destinato agli inquilini di Montecitorio e di palazzo Madama. «Il presidente di Confindustria teme porcate? Dico con chiarezza al mio amico Squinzi che il Parlamento non fa porcate, saprà sostenere questa legge di stabilità e migliorarla. Ma passi indietro sarebbero irresponsabili. E lasciare avanzare interessi corporativi che confliggono con il bene del Paese incomprensibile». Per cinquanta minuti il ministro dei Trasporti ragiona sull’attualità politica. Lupi parla del «naufragio» di Scelta Civica, del valore del bipolarismo, del ruolo di Berlusconi e del futuro del Pdl. Poi torna a difendere con forza la legge di stabilità. E a inchiodare tutti i giocatori in campo alla responsabilità. «Oggi non c’è uno che vince e uno che perde. Oggi c’è una sfida che impone un impegno corale per risollevare questo Paese ancora così malandato». 

Ministro, che dice ai sindacati che annunciano per metà novembre quattro ore di sciopero?Dico: ripensateci. In un momento così complicato non serve uno sciopero; serve lavorare insieme per mettere a punto una strategia condivisa e per elaborare proposte nuove. Il primo tempo si è giocato, il secondo va giocato insieme e il dialogo con le parti sociali sarà ancora una volta decisivo.

Anche nel "suo" Pdl c’è però chi ancora prova a collegare la decadenza di Berlusconi a un’eventuale crisi di governoLa crisi di governo è una pagina chiusa, archiviata. Tre settimane fa si è votata una fiducia al governo Letta e con quel voto si è preso un impegno chiaro: attuare il programma e lavorare fino al marzo 2015. Solo in quel momento faremo una verifica insieme e tireremo le somme. È questa la strada e non c’è spazio per nuove tentazioni: non capirlo renderebbe soltanto deboli governo e Paese. Insisto: serve un piano triennale per guardare al futuro. Serve prospettiva, visione. Toccherà ancora a noi preparare la legge di stabilità del prossimo anno. Poi deciderà la maggioranza se proseguire con questo governo di servizio.

Molti vi rimproverano mancanza di coraggioLa legge di stabilità indica o no il percorso giusto per passare dal rigore alla crescita? Individua o no le scelte che servono al Paese per rialzarsi e tornare a correre? Voglio risposte nel merito perché di coraggio ci si può riempire la bocca e poi si può anche morire. Abbiamo affrontato alcune grandi questioni. Messo a tema la riduzione della pressione fiscale, quella del costo del lavoro... E l’abbiamo fatto con realismo, con responsabilità. La prima sfida di questo governo è il risultato. Se riusciamo abbiamo una chance di andare avanti, se falliamo siamo fuori. Tutto è chiaro, eppure sento parole, leggo titoli incomprensibili...

Un esempio ministroLe clausole di salvaguardia. Se dovessimo avviarle avremo perso la nostra partita e sarebbe giusto andare a casa. Solo chi è in malafede può pensare che il governo la farà scattare. Noi lo sappiamo e siamo già al lavoro per una poderosa spending review pluriennale.Parlavamo di coraggio: onestamente non crede che 14 euro nelle buste paga sono pochi?<+tondo> Quattordici euro al mese sono pochi, è vero. Ma i soldi che abbiamo trovato non saranno distribuiti a pioggia. Era quello che si poteva fare e sarebbe stato sbagliato dire mettiamo 11 miliardi solo per il cuneo fiscale. Però nel 2014 possiamo accorpare le dodici mensilità e metterle nelle buste paga in un’unica tranche. Io sono strafavorevole e credo che il governo possa muoversi per questo obiettivo.

Briatore dice che Alfano ha pugnalato Berlusconi alle spalle.Alfano non ha pugnalato alle spalle nessuno. Alfano (e con lui noi ministri del Pdl) ha evitato che Berlusconi commettesse un errore che lo avrebbe marginalizzato. Una crisi di governo sarebbe stata un tradimento alla nostra storia e avrebbe portato il Pdl su posizioni estremiste che non appartengono alla mia cultura politica, ma soprattutto a quella di Berlusconi. Lui è sceso in campo per unire i moderati e oggi quel progetto è più che mai attuale. 

Come si costruisce il Ppe italiano?Solo con un Pdl forte. Capace di declinare la sua alternatività alla sinistra. E di essere casa per sensibilità e identità diverse. Nel Ppe che sogno c’è la destra moderata, la Lega, un’area cattolica, la società civile... È questo il progetto, anzi è questa la sola strada possibile: è correre verso un bipolarismo maturo, depurato da cattiverie. Ma mi faccia dire due cose nette. Uno: il centro come area metafisica non è un punto di riferimento politico, gli italiani vogliono alternanza, vogliono grandi aree culturali e politiche che si confrontano... Due: senza una grande forza centrale l’area dei moderati si disgrega. Il Pdl, Alfano e Berlusconi oggi hanno questa responsabilità. Anzi questo dovere. 

Eppure si riparla con insistenza di scissione.Ecco il dovere: lavorare per un Pdl più forte. È folle l’ipotesi di uno smembramento, di una divisione. Sarebbe solo la sconfitta dell’area moderata e del progetto politico di Berlusconi. La nostra prima sfida è unire e allora via gli equivoci: l’obiettivo non è un centrino e nemmeno un centrone. Non è un partito con Casini e Mauro. È un Pdl dove possano trovare spazio sensibilità diverse. 

E gli strappi della Santanchè? E il ruolo di Verdini?In un grande partito anche la sensibilità di Daniela Santanchè può essere un valore, ma quella sensibilità non può diventare la linea politica. Voglio un partito grande, aperto a tutti, ma responsabile che, come ci ha sempre insegnato Berlusconi, sia capace di mettere davanti a tutto il bene del Paese e dei cittadini. Insisto sulla linea: non può essere quella estrema che si affaccia dietro certi attacchi al capo dello Stato. Ma questo è un rischio che non c’è: nel Pdl la linea della responsabilità e della moderazione è nettamente maggioranza.

Davvero Lupi è per il bipolarismo?Siamo pronti a chiudere un accordo su una legge elettorale capace di garantirlo. Doppio turno e semipresidenzialismo? Renzi parla, noi lo sfidiamo a fare i fatti. E soprattutto sfidiamo il Pd. Andiamo avanti con questa doppia riforma. A quel punto saranno i fatti del governo ad emarginare l’antipolitica.

Tra pochi mesi arriva il voto europeo. Può essere un banco di prova per il Ppe?No, quella europea è una sfida con una legge proporzionale: lì peseremo la forza del Pdl. E spiegheremo la nostra idea di Unione. Serve un’Europa politica; delle nazioni e non delle burocrazie. Capace di mettere in cima alle priorità il destino delle famiglie, lo sviluppo e la sussidiarietà.

Quale Pdl si peserà?Il Pdl di Angelino Alfano. Ha quarantadue anni, sta dimostrando visione, leadership. È la sua sfida. Lui contro Renzi e vediamo come finisce. Alle europee abbiamo sempre candidato Berlusconi, spero che il presidente possa essere ancora in prima fila, ma se non c’è...

È arrivato al nodo decadenza.Ora l’equazione decadenza-crisi non c’è più. E allora mi faccia dire una cosa: per altri la legge Severino non sarebbe stata applicata. O comunque non sarebbe stata applicata così. Con Berlusconi si stanno usando metodi mai usati nella storia di questo Parlamento. Penso alla compressione dei tempi, alla sfrenata accelerazione della discussione, alla mancanza di qualsiasi approfondimento. Ho un messaggio al Pd. A Epifani e a Renzi: è il momento di liberarsi dall’idea della politica che vede l’altro come il nemico.

Decadenza vuol dire fine di un ventennio?No. Il tema di una leadership non è mai assegnata da un seggio o da un ruolo. Sono gli elettori a scegliere. È il Paese a decidere. E il Paese è ancora con Berlusconi.

Che pensa di Monti?Mi rattrista la sua parabola politica. Monti aveva due possibilità: o entrare in campo per unire i moderati o restare fuori per servire il Paese. Ha fallito e ora è fuori. Ha pagato ambiguità e tatticismo. E poi non si mette insieme qualcosa che non è unito da un’identità forte. Scelta civica era un progetto astratto lontano dalla realtà del Paese e della gente. Ora tutto è drammaticamente chiaro, ora quella formazione è già storia del passato. 

Sabato a Roma ha sfilato il mondo antagonista, lei li ha appena incontrati...Disagio e sofferenza interrogano drammaticamente questo governo. E mi creda non sono parole, c’è una riflessione vera dietro questa protesta. L’emergenza casa è seria, la crisi è reale, le prospettive dei giovani poche. Ma ai problemi servono soluzioni nuove: la proroga del blocco degli sfratti è una risposta vecchia a un problema che dobbiamo affrontare con radicalità, in modo diverso. E ancora: noi accettiamo il dissenso e lavoriamo per trovare soluzioni, ma ai violenti va tagliata l’erba sotto i piedi. Non è il momento di falso buonismo: chi assalta i ministeri va isolato e punito e questo governo lo farà.​​

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