venerdì 31 agosto 2012
Il ministro: «Divulgare le intercettazioni? Non dipende da Napolitano». «Non si può trasformare la volontà del capo dello Stato di fare chiarezza su un tema interpretativo così delicato, spacciandola per il tentativo di nascondere i contenuti di una o due telefonate». «Contro il Colle campagna di illazioni».
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«Il mio stato d’animo? Sono profondamente amareggiata. Non comprendo davvero perché alcuni organi di stampa proseguano con la pubblicazione di una ridda di illazioni, insinuazioni e congetture, presentandole come fatti. Ma non sono fatti, sono solo illazioni, camuffate da pseudo-notizie. E chi continua a chiedere al capo dello Stato di acconsentire alla pubblicazione dei dialoghi intercettati non sa proprio di che cosa parla: quelle intercettazioni sono per il Colle un bene indisponibile, non può decidere di farle pubblicare...». Sono le sei di sera e al secondo piano del ministero della Giustizia, in via Arenula, il ministro Paola Severino scuote il capo. Sta vergando una nota da affidare alle agenzie di stampa, in sostegno al presidente Giorgio Napolitano. Riflette, scegliendo con cura le parole: «Manifesto la mia più piena solidarietà al Capo dello Stato - scandisce, mentre un collaboratore prende nota -, che subisce oggi l’ennesima campagna di insinuazioni e sospetti solo perché si è fatto carico, nell’esclusivo interesse dell’istituzione e nel pieno rispetto della correttezza procedurale, di chiedere alla Corte Costituzionale una pronuncia sul regime processuale delle intercettazioni di conversazioni che abbiano tra gli interlocutori il Presidente della Repubblica...». Il tono del ministro Guardasigilli è pacato e lo sguardo sereno come sempre, ma nei suoi occhi si intravede un fondo d’indignazione. L’intervista, fissata da alcuni giorni, avrebbe dovuto riguardare il sovraffollamento nelle carceri: il ventaglio di misure pensate per alleviare le condizioni di sofferenza in cella (i numeri del Dap, «66.345 detenuti, il 47% in attesa di giudizio, per 45.556 posti», fanno spavento), la sfida sulle misure alternative alla detenzione, ma anche il senso di frustrazione del ministro per l’ennesimo suicidio dietro le sbarre, ieri a Udine. Ma la sua scrivania è tappezzata di giornali con presunte indiscrezioni sui dialoghi fra Napolitano e Mancino e le agenzie hanno già diffuso la nota rovente del Quirinale. Non si può non partire da qui.Ministro, cosa ha pensato nelle ultime ore, dopo l’ennesima pubblicazione ad effetto di presunte rivelazioni?Ho pensato che non si può trasformare la volontà del capo dello Stato di fare chiarezza su un tema interpretativo così delicato, spacciandola per una volontà di nascondere i contenuti di una o più telefonate o addirittura come volontà di ostacolare un’indagine, che deve fare il suo corso e giungere ad esiti giudiziari.C’è chi accusa il Quirinale di aver voluto, col ricorso alla Consulta, far calare il silenzio sulle intercettazioni...Credo che non si possa permettere di trasformare la doverosa difesa delle prerogative costituzionali del Capo dello Stato e la tutela di interessi indisponibili, come quello alla riservatezza nelle sue conversazioni, rappresentandola in modo falso come un sipario da far scendere sul contenuto delle intercettazioni.C’è chi sostiene che un assenso del presidente alla pubblicazione dei dialoghi contribuirebbe a fare chiarezza. Lo chiedono, ad esempio, il Fatto quotidiano e il leader dell’Idv, Di Pietro. Lei cosa pensa?Io credo che sia fuorviante fare apparire come una scelta del Presidente della Repubblica il rendere noti o meno i contenuti dei colloqui intercettati.Può spiegarci perché?Almeno per due fondamentali motivi. In primis perché si tratta di conversazioni la cui divulgazione non è nella disponibilità del Capo dello Stato, in quanto le esigenze di riservatezza non attengono alla sua posizione personale, ma alle sue prerogative costituzionali, al punto che della questione è stata investita la Consulta, che si pronuncerà in merito. In secondo luogo, perché la registrazione delle telefonate non è nella materiale disponibilità del Presidente bensì della magistratura che è tenuta a conservarle visto che, quantomeno in questa fase, non è consentita la divulgazione e neppure la conoscenza da parte di difensori e interessati.Il capo dello Stato dunque non difende se stesso?Chiaramente no. E chi veramente ha a cuore e intende rispettare e far rispettare i valori della legalità e della giustizia ha un dovere...Quale?Attendere serenamente la decisione della Corte Costituzionale.Da mesi il Parlamento si dibatte nell’incapacità di trovare un accordo politico sulla riforma delle intercettazioni, così come sul ddl anticorruzione e sulla responsabilità dei magistrati...Ciascuno di quei provvedimenti risponde a una esigenza  fortemente avvertita ed è meritevole di approvazione, per non rendere inutile il tanto lavoro parlamentare già svolto. L’anticorruzione è una priorità, perché serve anche alla crescita economica. Ma anche gli altri due siano importanti, pur nella complessità di coniugare esigenze diverse che, nel caso delle intercettazioni, comprendono il diritto-dovere di riservatezza delle indagini, la tutela della privacy di chi si trova ad essere intercettato, ma non indagato, e il diritto di cronaca del giornalista.Passiamo all’emergenza carceri. Lei ha effettuato visite in diversi istituti. Cosa ha visto?Abissi di degrado e disperazione, ma anche picchi di solidarietà ed efficienza, come a Marassi e San Vittore: celle strapiene, ma anche la lavorazione del pane nel primo e la cucitura di toghe per magistrati e avvocati nel secondo. Mi sono sentita rassicurata a Bollate e a Rieti, dove i detenuti hanno l’opportunità di lavorare e di imparare mestieri come la riparazione di elettrodomestici o di telefoni cellulari.Quali sono i numeri delle presenze?Nei 206 istituti penitenziari italiani, al 30 di agosto, ci sono 66.345 detenuti, il 47% in attesa di giudizio definitivo, a fronte di 45.566 posti regolamentari. A novembre, quando mi sono insediata, erano quasi 69mila: grazie alle prime misure, sono scesi di 3mila unità.Anche i sindacati della polizia penitenziaria lamentano carenza di organici e condizioni difficili di lavoro.La spending review non tocca carceri e agenti, ma resta aperta la questione del turn over. Ho assunto un impegno coi sindacati: rivedere la pianta organica per evitare scoperture, distacchi immotivati e ingiustizie nella distribuzione degli incarichi.Ci sarà mai un piano vero di edilizia carceraria?Anche a fronte di minori stanziamenti, il piano di edilizia affidato al Commissario straordinario Angelo Sinesio va avanti. Prevede la realizzazione di 11.573 nuovi posti detentivi con 446,8 milioni di euro rispetto ai 9.150 posti iniziali per 675 milioni . Ci saranno dunque più posti, tra nuove carceri e nuovi padiglioni, con un risparmio di 228 milioni di euro. Con le risorse ordinarie, inoltre abbiamo già realizzato 3150 nuovi posti ed entro l’anno si prevede la consegna di altri 1.677.A fine settembre dovrebbe essere calendarizzato in aula il ddl sulle misure alternative. Quali sono i suoi cardini?C’è la messa alla prova e la reclusione domiciliare, come alternativa al carcere. Abbiamo rinunciato ad introdurre nel ddl la non punibilità per tenuità del fatto in quanto un analogo testo, di iniziativa parlamentare, era già in discussione alla Camera. Spero vengano approvati dal Parlamento entro fine legislatura. Inoltre, tengo a che la legge Smuraglia sul lavoro carcerario sia rifinanziata. Ma ho anche fatto presente, in Cdm, che si dovrà colmare un vuoto legislativo: i familiari delle vittime devono essere interpellati, nel caso in cui un detenuto ammesso al lavoro esterno vada a svolgere la sua attività nei pressi dei luoghi dei delitti.Si riferisce al caso Vallanzasca?Anche. Ho chiesto gli atti, appurando che il giudice di sorveglianza avesse vagliato la condotta, i precedenti lavorativi a Milano svolti senza alcun incidente, il lungo percorso detentivo, con tangibili segni di ravvedimento. Ma credo anche all’esistenza di un profilo di opportunità che suggerirebbe di pensare ai familiari delle vittime.Ancora un suicidio, stavolta a Udine...Ogni volta provo impotenza e frustrazione. Il Dap ha contato 63 episodi nel 2010, altrettanti nel 2011, 36 nei primi otto mesi del 2012. È stata riattivata l’unità di monitoraggio e si sta provvedendo alla redistribuzione dei detenuti a livello regionale, per avvicinarli alle famiglie, sostegno essenziale: esistono iniziative valide, come il pic-nic della domenica con i familiari o i "giardini degli incontri", per attenuare il peso delle sbarre.Nei penitenziari, resta il dramma della tossicodipendenza...È allo studio del Dap, su proposta del Dipartimento delle politiche antidroga che fa capo al ministro Riccardi, la possibilità di far scontare, ai condannati a pene minime che abbiano problemi di tossicodipendenza, il residuo di pena in strutture di cura e di recupero, per agevolare il loro reinserimento nella vita sociale.Nelle carceri ci sono purtroppo 60 mamme con 70 bambini di età inferiore a tre anni. Cosa si può fare?La reclusione deve essere una extrema ratio, a maggior ragione quando si tratta di mamme e bambini, che non dovrebbero mai conoscere l’esistenza delle sbarre. Ci sono luoghi, come l’Istituto a custodia attenuata (Icam) di Milano, dove le agenti non indossano la divisa e si respira un’atmosfera di famiglia. Esempi che andrebbero moltiplicati...ERI
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