lunedì 30 marzo 2015
A 3 mesi dall’approvazione il decreto attuativo non c’è. Il gruppo PI chiede le ragioni della mancata partenza dell’aiuto destinato ai più bisognosi. Il Lavoro: servono più dati Isee.
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Per le famiglie (quelle numerose in particolare) non è ancora scoccata "la volta buona". In attesa dell’atteso piano contro la povertà già più volte annunciato per giugno dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti (che per il momento ha bocciato il reddito minimo nella versione M5S), resta ancora lettera morta una delle due misure specificamente concepite finora per supportare i nuclei familiari alle prese con gli effetti dei lunghi anni della crisi economica.Stiamo parlando del bonus per le famiglie numerose, inserito (al pari degli 80 euro per i figli nati o adottati) nell’ultima Legge di stabilità. Sono passati oltre tre mesi dall’approvazione del provvedimento (la legge 190 del 24 dicembre 2014), ma del decreto necessario - un Dpcm - per sbloccare la norma, attesa dal 1° gennaio, e renderla finalmente operativa non c’è traccia. Né si vede prossimo il passaggio alla fase attuativa. A confermarlo è lo scambio "epistolare" avvenuto nei giorni scorsi all’interno della commissione Affari sociali della Camera, dove i deputati Mario Sberna e Roberto Capelli, ambedue esponenti del gruppo Per l’Italia-Cd, hanno chiesto al dicastero del Lavoro delucidazioni su questa misura, peraltro minimale: si tratta - lo ricordiamo - di uno stanziamento di appena 45 milioni di euro, da destinare a buoni per l’acquisto di beni e servizi, in favore dei nuclei con almeno 4 figli minori. Un bonus vincolato per di più al reddito: per beneficiarne, quello ai fini Isee (l’Indicatore della situazione economica equivalente) non deve superare 8.500 euro annui. Sberna e Capelli sottolineano il ritardo, che sta «eludendo le attese» proprio delle famiglie «maggiormente bisognose di aiuti in tempi brevi».La risposta dell’ufficio legislativo del ministero di via Veneto assicura che, «in raccordo con l’Inps», si sta cercando di «garantire, nel più breve tempo possibile, il sostegno economico». Il problema - par di capire - sta nel riferimento al reddito Isee, indicatore a sua volta riformato dal 1° gennaio scorso, con annessi ritardi paralleli collegati all’adozione del nuovo strumento. Gli uffici spiegano difatti che «è necessario acquisire dall’Inps un numero congruo di dichiarazioni ai fini Isee per poter simulare gli effetti connessi alla misura e, conseguentemente, l’importo del beneficio». Insomma, per questo intervento l’iter è decisamente più tribolato rispetto al bonus bebé. Per quest’ultimo il decreto di attuazione, che era atteso per la fine di gennaio, arrivò con un ritardo di 10 giorni. Stavolta l’attesa è più lunga.
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