martedì 25 febbraio 2014
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La "Renzinomics" parte col botto. Gli annunci fatti in Senato sullo sblocco «totale» dei pagamenti statali alle imprese e sul taglio «a doppia cifra» del cuneo fiscale sul lavoro sono già "pesanti". Ma il nuovo premier e soprattutto il nuovo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan (da ieri pienamente operativo, dopo un colloquio col suo predecessore Saccomanni), dovranno tener conto anche di tutta un’altra serie d’impegni ereditati dall’esecutivo Letta. Partite che, sommate fra di loro, rischiano di trasformare i prossimi mesi in un vero percorso di guerra.Nel solo discorso programmatico, osservava Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, «fatti due conti veloci ci sono 100 miliardi da trovare subito sul lato imprese e lavoro», così dettagliati: almeno 70 miliardi per i debiti arretrati più «circa 34-35, cioè il 10% dei 344 e rotti miliardi del cuneo in Italia». In realtà, i calcoli di Merletti sono per eccesso, dato che Renzi ha parlato solo di un calo delle tasse sul lavoro «a doppia cifra», che può limitarsi quindi a un taglio di 8-10 miliardi. Anche in questa versione ridotta, tuttavia, gli impegni presi dal premier sono da far tremare i polsi. Tanto più che non esiste un "Bengodi" di cui si sono improvvisamente aperte le porte. La sfida con Bruxelles per avere ulteriori margini di manovra è tutta da giocare, e partirà in salita dopo le nuove stime che saranno diffuse oggi dalla Commissione. Pure sui crediti delle imprese, Renzi ha fatto riferimento a «un diverso utilizzo della Cassa depositi e prestiti», a dimostrazione che il suo staff economico non pensa certo a un esborso così ingente e immediato per le casse dello Stato. Un riferimento reso più esplicito da Linda Lanzillotta (stimata senatrice montiana, ma in questo caso "accreditata" anche come consorte del presidente della Cdp, Bassanini), che ha parlato di un meccanismo «sinora rimasto sulla carta per le resistenze incontrate all’interno del Tesoro». In effetti, era la legge di stabilità di fine 2013 a prevedere un decreto (mai varato) con cui il ministero dell’Economia deve definire criteri e modalità, col coinvolgimento appunto di Cdp, per una garanzia di Stato su tali crediti. Con questa mossa si potrebbe così completare il pagamento dei 47 miliardi di euro previsti per il 2013-14 (relativi ai debiti accumulati a fine 2012) che, stando al resoconto diffuso sabato scorso dal Tesoro, ha visto arrivare finora ai creditori finali 22,4 miliardi, pari all’82% dei quasi 27 miliardi stanziati in totale. In attesa, peraltro, di sapere l’ammontare esatto di questi debiti da onorare; il dato era atteso per lo scorso settembre, ma poi non si è saputo più nulla.Debiti a parte, ci sono poi le emergenze da affrontare. Non meno impellenti. La prima è stata ricordata ieri da Graziano Delrio: il neo-sottosegretario a Palazzo Chigi (ed ex presidente dell’Anci) ha confermato che «il governo ribadisce i termini dell’intesa» con i Comuni. Quindi «presto» arriverà il decreto che (consentendo ai sindaci anche di aumentare le aliquote Tasi) stanzierà 700 milioni per sistemare le loro casse. Soldi - va detto - che erano stati già promessi da Letta e Saccomanni, quindi dovrebbero essere già in cassa. Discorso diverso, invece, per i 500 milioni del taglio di un punto delle detrazioni fiscali che era stato evitato a gennaio: questi fondi sono da trovare. E a essi, soprattutto, rischiano di aggiungersi i 2,8 miliardi di minor gettito fiscale denunciato dalla Corte dei Conti, per via dell’aumento al 130% dell’acconto Irap deciso dal governo Letta, che ha gonfiato artificialmente le entrate 2013.Altre delicate partite finanziarie sono in agguato. La principale riguarda il "Patto per la salute", ovvero la copertura del fabbisogno sanitario per il periodo 2014/16: qui vanno trovati fra 1 e 2 miliardi per scongiurare quegli aumenti dei ticket a carico dei cittadini, finora sospesi. Va poi contato il miliardo (almeno) per la Cig in deroga; e ci sono le risorse da garantire ai lavoratori socialmente utili (Lsu) per non lasciarli senza reddito. Nel complesso, si parla di circa 7 miliardi da trovare. Come? Molto si attende sempre dalla spending review: fonti vicine al commissario Cottarelli assicurano che sarebbe pronto per il 2014 ad assicurare risparmi aggiuntivi per più di 3 miliardi. Una maggior elasticità Ue potrebbe poi liberare altri fondi: fino a 7 miliardi se si sfiora il 3%. Si vedrà.
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