venerdì 28 dicembre 2012
Bersani “arruola” il procuratore antimafia, che ha presentato dimissioni irrevocabili. Scoppiano le polemiche per l'ennesimo pm sceso in campo. Il Pdl attacca: «È la risposta di Bersani alla scelta di Ingroia». La «stima» di Casini e l'entusiasmo tra i democratici. di Vincenzo R. Spagnolo
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La prima, cautissima, apertura era arrivata a gennaio scorso. «Io in politica? Mai dire mai...», aveva risposto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso in un’intervista al Giornale di Sicilia. Ieri, quello spiraglio si è tramutato in un sì pieno: il magistrato siciliano correrà alle politiche per il Partito democratico. La notizia, trapelata in tarda mattinata, è stata confermata dai vertici del Pd, che stamani ufficializzeranno la candidatura in una conferenza stampa a Roma, tenuta dallo stesso Grasso insieme al segretario Pier Luigi Bersani.Nato a Palermo il 1° gennaio del 1945, in magistratura da 43 anni, amico di Giovanni Falcone e giudice a latere nel primo maxi processo a cosa nostra, Grasso è stato procuratore di Palermo dal 2000 al 2004 (sotto la sua guida vennero arrestati 1.779 indagati per reati di mafia e 13 latitanti tra i 30 più pericolosi), per poi passare alla guida della procura nazionale antimafia per due mandati quadriennali, il secondo in scadenza nel 2013. Sarebbe potuto restare in magistratura sino al primo gennaio 2020, ma prima di candidarsi (e contemporaneamente alla richiesta di aspettativa presentata al Csm, che la vaglierà nel plenum del 7 gennaio, insieme alle altre pervenute) ha inoltrato domanda di pensionamento anticipato e «dimissioni irrevocabili» dall’ordine giudiziario. «Non guardo a un’eventuale esperienza politica sotto forma di schieramento con un partito. Penserei piuttosto a quella che ho definito "una lista civica nazionale"», aveva dichiarato, sempre a gennaio. Poi però il "corteggiamento" di alcuni partiti si è fatto più serrato, con impennate in occasione delle elezioni del sindaco di Palermo e delle regionali siciliane. Alla fine, l’ha spuntata il Pd. Per lui, niente primarie: Bersani lo includerà nel "suo" listino e dopo l’Epifania, quando si chiuderà la composizione delle liste, si saprà in quale collegio Grasso debutterà in politica. Dopo il voto, potrebbe toccargli un dicastero di peso (Giustizia o Interno) oppure la presidenza di una commissione parlamentare: «È solo il primo segnale della lotta del Pd alle mafie, altri ne verranno», anticipa Enrico Letta.La notizia non dispiace ai centristi («Stimavo Grasso prima e lo stimo adesso» commenta Pier Ferdinando Casini) ma suscita pure qualche malumore: «Come persona, non posso che dirne bene - osserva il senatore piddino, ora "montiano", Pietro Ichino -, ma sul passaggio così rapido dalla magistratura alla carica parlamentare, sarebbe opportuno prevedere un intervallo». Frecciate invece dal Pdl. Il segretario Angelino Alfano è «molto rammaricato. Era un patrimonio nella lotta alla mafia. avrebbe potuto sottrarsi alla sfida. Invece va a sinistra: mi sembra la risposta di Bersani alla candidatura di Ingroia». Il vicecapogruppo al Senato Gaetano Quagliariello sceglie l’ironia, alludendo ancora ad Ingroia («È riuscito a superare il guatemalteco. Complimenti, non era facile»), mentre il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, parla di candidatura «paradossale e inquietante». Lapidario il deputato Francesco Paolo Sisto: «Il sogno di una poltrona ha colpito ancora».
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