giovedì 14 giugno 2012
Il premier: sì alla cessione dei beni pubblici. Decreto sviluppo verso il via. Il commissario alla spending review solleva la questione etica: c’è chi non ne ha diritto. Intanto diminuiscono le auto blu della P.A.: -1.700 nei primi cinque mesi del 2012.
Quei numeri storti di Paolo Preti
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Sviluppo e spending review. Ma non solo. Il governo prova ad accelerare anche nella cessione di asset pubblici. Sono queste le direzioni di marcia per mettere in maggiore sicurezza il Paese nella traversata della nuova tempesta finanziaria e presentarsi con le carte in regola agli appuntamenti europei. Non servirà una manovra correttiva come qualcuno ha ventilato, ma sui conti pubblici, ha rimarcato ieri Mario Monti, va mantenuta la «massima disciplina».Questo significa che per quanto riguarda il decreto per favorire la crescita economica, atteso per venerdì in Consiglio dei ministri, i cordoni della borsa resteranno stretti. Mentre più risparmi del previsto dovranno arrivare nei prossimi mesi dall’operazione di revisione della spesa pubblica. Il piano concordato l’altra sera dal supercommissario Enrico Bondi con i ministri ha alzato l’asticella dei risparmi per il 2012 da 4,2 a 5 miliardi riguardo alle sole spese per beni e servizi. Fondi ai quali dovrebbero aggiungersi altri 1-2 miliardi da un pacchetto specifico per il pubblico impiego, che potrebbe comprendere tra l’altro l’esonero dal servizio per gli ultrasessantenni. Dalla spending review, tra l’altro, dovranno arrivare 200 milioni per finanziare il decreto sviluppo.Ma altre risorse dovranno arrivare dalla dismissione di proprietà pubbliche, soprattutto di Regioni e Comuni. Un’operazione che finora il premier non aveva messo tra le priorità e che ieri ha rilanciato: «Non solo non escludiamo la cessione di quote dell’attivo del settore pubblico – ha assicurato –  ma la stiamo preparando e presto seguiranno degli atti concreti». Il capo del governo ha parlato della predisposizione di «veicoli, fondi immobiliari e mobiliari attraverso i quali convogliare cessioni di attività e di immobili, prevalentemente a livello regionale e comunali».Lo sforzo è quello reperire risorse in fretta ma con operazioni di respiro strutturale, anche per evitare l’aumento dell’Iva calendarizzato per ottobre. Rispetto ai mesi scorsi il governo deve fronteggiare le maggiori spese per il terremoto e una recessione economica che ha già eroso il gettito nei primi mesi dell’anno e potrebbe riflettersi in un peggioramento del deficit.L’altra direzione di marcia è quella di incentivare una ripresa del Pil. Riguardo allo sviluppo il ministro Corrado Passera mantiene il pressing per sbloccare il provvedimento più volte annunciato e finora arenatosi per i problemi di copertura: «C’è un decreto pronto che interviene su molti punti dell’agenda per la crescita e che speriamo di presentare molto prossimamente», ha detto il titolare dello Sviluppo Economico. Un assist gli arriva dai presidenti delle Camere. «Passera ha avuto il coraggio di dire che ci sta mettendo la faccia sul decreto sviluppo – osserva il presidente del Senato Renato Schifani – e sappia che sia io che il presidente Fini anche al nome del Parlamento ci metteremo la faccia affinché si approvi al più presto». La Ragioneria generale ha superato parte delle perplessità sulla copertura avanzate nelle scorse settimane. Ma rispetto alle intenzioni iniziali il decreto uscirebbe comunque ridimensionato nelle voci di spesa. Tanto che dal mondo industriale si moltiplicano gli appelli a misure più «incisive».Le ultime novità riguardano lo snellimento delle procedure. È in arrivo un’accelerazione dei processi, con l’individuazione di una durata massima di sei anni per i tre gradi di giudizio (tre in primo grado, due nel secondo, uno in Cassazione). Termini oltre i quali il magistrato dovrà liquidare un risarcimento tra i 500 e 1.500 euro per ogni anno di ritardo. Spunta poi una nuova normativa anti-fallimento che permetterà alle aziende di chiedere in via preliminare il concordato. Inoltre il decreto, ha specificato Passera, contiene misure per «ampliare le opportunità di ricorso al mercato del credito anche per le imprese non quotate e di piccola dimensione». È la strada dei mini-bond a breve e medio termine, le cambiali finanziarie e le obbligazioni partecipative, dirette anche alle Pmi. Per le ristrutturazioni edilizie si è parlato di un aumento dal 36 al 50% delle detrazioni ma la norma è in bilico. E si attendono fondi per il capitolo infrastutture.
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