martedì 9 aprile 2013
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Il Pd sceglie Ignazio Marino per la corsa al Campidoglio, e cresce la preoccupazione nell’associazionismo di base. Prevalendo un certo tipo di impostazione sul versante etico, con potenziali ricadute sulle scelte di politica familiare, il timore diffuso, nel combinato disposto con le posizioni assunte da M5S, è che possa ripetersi un "effetto Parma", dove l’avvento della giunta Pizzarotti ha comportato ben presto il sacrificio del quoziente familiare.«Il timore - sintetizza <+nero>Emma Ciccarelli<+tondo>, presidente del Forum regionale delle associazioni familiari - è che non vengano rispettati gli stessi valori fondanti di tante nostre associazioni». Un esempio concreto nelle politiche per il fine vita, sulle quali è nota la posizione del senatore Marino, apertamente schierato anche contro la legge di regolamentazione della procreazione medicalmente assistita. «Certo - prosegue Ciccarelli - si tratta di scelte in gran parte intestate al governo centrale e al Parlamento, ma chi eroga poi i servizi sono i Comuni. Mi chiedo: verranno sostenute ancora, viste le ristrettezze, le politiche di assistenza ai malati terminali?». Timori aumentati di fronte al proponimento, generico ma assoluto, di Marino di voler «cambiare tutto».In particolare i dubbi sono per il "quoziente Roma", ancora in fase di avvio: «Avevamo ottenuto i riconoscimenti dei carichi familiari sulla TaRi, la tariffa dei rifiuti, rateizzazioni e ri-modulazioni dell’abbonamento Atac, sui trasporti, in base ai componenti il nucleo familiare. Ora stiamo per partire con la "family card", che cosa significa ora che "cambierà tutto"?».Esprime «timore» anche Alessandro Ciafrei, presidente del Centro oratori romani. «Timore che possa ripetersi una campagna tutta ideologica sul tipo di quella alla Regione per Emma Bonino. Sia chiaro - precisa -, il nostro è un movimento trasversale, nessun pregiudizio verso questo o quello schieramento, ma non è certo Roma il luogo in cui sperimentare posizioni così estreme, che suonano come uno schiaffo per i cattolici».Ma alla fine sono temi che riguardano tutti: «Una politica che rispetti la nostra visione antropologica e la famiglia aperta alla procreazione, nel rispetto della Costituzione, si occupa in definitiva della speranza, del futuro del Paese», interviene Angelo De Santis, coordinatore regionale dell’Associazione famiglie numerose. «Senza il nostro apporto, il nostro sistema di welfare non sta in piedi. Questo lo capisce ogni persona di buon senso, senza bisogno di essere cattolici, e ora non si possono rimettere in discussione, a Roma, i tanti passi avanti fatti».Ma non è solo una denuncia. Le famiglie chiedono di essere ascoltate: «Rappresentiamo 150mila famiglie, non siamo una minoranza», rivendica la presidente del Forum Ciccarelli. E Daniele Pasquini, presidente del Centro sportivo italiano di Roma, è ancora fiducioso che possa aprirsi il confronto «con la società civile, facendo prevalere i valori concreti dell’educazione della vita e della famiglia, rinunciando alle posizioni precostituite».Il rischio, ora, è che una candidatura come quella di Marino, «poco collegato con la realtà della città, possa favorire lo scivolamento verso temi ideologici, astratti e di principio», sostiene Alessandro Spalvieri coordinatore dei cooperatori salesiani romani. «A Roma serviva invece un buon amministratore, sarebbe servito di più un confronto sulle ricette concrete di amministrazione».«In questo modo - nota Carlo Costalli - il Pd sposa le tesi laiciste, che da minoranza che sono rischiano di egemonizzare l’intero partito e la coalizione. Non giudico la persona - precisa il presidente del Movimento Cristiano lavoratori - ma la posizione culturale che impersona non ci rappresenta, e ci preoccupa come lo strumento delle primarie rischi di premiare l’ala più massimalista sul piano ideologico e relativista sul piano etico. Con conseguenze negative - conclude Costalli - sugli stessi esiti elettorali del centrosinistra, penalizzato esso stesso alla fine da queste scelte».
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