martedì 31 marzo 2015
Confermata la prescrizione per il reato di rivelazione di segreto di ufficio in relazione ad una intercettazione tra Fassino e Consorte pubblicata dal Giornale. 
Fi perde pezzi, lasciano Bondi e Repetto  
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Confermata la prescrizione del reato di rivelazione di segreto di ufficio contestato a Silvio e Paolo Berlusconi. Lo ha deciso le sesta sezione penale della Cassazione rigettando i ricorsi presentati dalla difesa. Al centro del processo, la pubblicazione sul quotidiano Il Giornale il 31 dicembre 2005, dell'intercettazione - coperta da segreto - della telefonata (con la nota frase "abbiamo una banca") intercorsa tra l'allora segretario dei Ds, Piero Fassino, e l'ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte. I giudici della Suprema Corte, presieduta da Antonio Agrò, hanno dunque confermato la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Milano il 31 marzo dello scorso anno, con la quale era stato dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Le difese, con i loro ricorsi, chiedevano invece un proscioglimento nel merito. In primo grado Silvio Berlusconi era invece stato condannato a un anno di reclusione e il fratello Paolo a due anni e tre mesi. Anche il pg Salzano aveva stamane sollecitato il rigetto dei ricorsi. Secondo il procuratore Salzano, l'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, diede "il suo assenso alla pubblicazione della telefonata tra Fassino e Consorte nella consapevolezza che era un'intercettazione coperta da omissis che avrebbe avuto un impatto enorme sui mass media, tanto che la frase 'abbiamo una banca' è rimasta nella memoria collettiva", ha detto il procuratore sottolineando che "senza l'apporto decisivo di Silvio Berlusconi non vi sarebbe stata pubblicazione". La Cassazione ha confermato anche il maxi-risarcimento di 80mila euro per Fassino, parte civile nel processo.
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