mercoledì 20 gennaio 2016
Dieci domande su "stepchild adoption" e dintorni. Contraddizioni, incongruenze e rischi di incostituzionalità.
Il 30 gennaio famiglie al Circo Massimo 
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Unioni civili, matrimoni gay, stepchild adoption, adozione del figliastro, affido rafforzato. Tante questioni complesse e, troppo spesso, tanta confusione condita da abbondanti dosi di ideologia e mistificazioni. Ecco una guida per orientarsi nel dibattito. 1 Cos’è la stepchild adoption? È la proposta di modifica del titolo IV della legge sulle adozioni (184 del 1983) che già prevede, in casi particolari, decisi volta per volta dal giudice, l’adozione del figlio del coniuge. La proposta di legge Cirinnà vorrebbe aggiungere alla parola «coniuge», questa specificazione: «o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso». La modifica aprirebbe la strada alla possibilità di adottare da parte del partner omosessuale. Il minore superiore ai 14 anni sarebbe comunque chiamato ad esprimere il suo consenso. E se di età dai 12 ai 14 dovrebbe esprimere un’opinione. Per i bambini più piccoli la parola passerebbe invece al giudice che dovrebbe valutare idoneità affettiva, situazione personale, capacità educative del partner omosessuale. Ma quanti giudici si sentiranno liberi di esprimere una valutazione obiettiva, di fronte al rischio di un’inevitabile accusa di omofobia da parte delle associazioni Lgtb in caso di parere contrario? 2 Quanti sarebbero interessati alla stepchild adoption? Un numero esiguo di persone. Per quanto riguarda i minori che vivono all’interno di coppie omosessuali non esistono statistiche ufficiali. Le associazioni delle famiglie arcobaleno parlano di 100mila bambini. Ma è un numero poco credibile, considerando che le persone omosessuali rappresentano, secondo gli studi più accreditati, non più del 3% della popolazione. Inoltre, solo una piccola percentuale di questi minori potrebbe avere i requisiti per l’adottabilità, considerando che sarebbe comunque necessario il consenso – revocabile – dell’altro genitore biologico. Quindi il numero di minori potenzialmente interessati alla 'stepchild adoption' è veramente esiguo.3 Dove esiste già la 'stepchild'?In Europa le coppie omosessuali possono accedere all’adozione piena, cioè 'legittimante', in Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia. Invece Germania, Estonia, Slovenia e Svizzera hanno scelto l’adozione 'non legittimante', come sarebbe anche la 'stepchild' nel disegno di legge Cirinnà. 4 Quali problemi dovrebbe risolvere? Secondo i sostenitori della 'stepchild adoption' dovrebbe garantire innanzitutto la continuità affettiva ai minori che vivono già all’interno di coppie omosessuali, nel caso di decesso del genitore biologico. Al di là di questi casi, l’adozione dovrebbe offrire al partner omosessuale del genitore biologico la possibilità di esercitare una potestà genitoriale 'non legittimante' in tutte le altre circostanze della vita. È però da verificare se questa ipotesi vada fatta rientrare nell’ambito del «superiore interesse del minore», secondo la Carta Onu per i diritti del minore. O se, al contrario, non si tratta di una preoccupazione dettata da pretese 'adultocentriche', secondo la logica discutibile e rischiosa del 'figlio ad ogni costo'. 5 Come tutelare i bambini?Innanzi tutto esiste già, come detto, il titolo IV della legge sulle adozioni («adozione in casi particolari») che potrebbe essere modificato per includere, in determinati contesti, anche questi nuovi casi. L’eventuale modifica andrebbe però realizzata senza necessità di collegarla alla legge sulle Unioni civili: le due norme dovrebbero viaggiare su binari paralleli, evitando rischiose 'contaminazioni'. 6 Perché la 'stepchild' apre la strada all’utero in affitto? Perché, legittimando l’adozione gay, indurrebbe alcune coppie omosessuali – e probabilmente anche eterosessuali – a ricorrere a questa pratica di sfruttamento. Non regge, a questo proposito, l’affermazione secondo cui in Italia l’utero in affitto è comunque punito per legge, e quindi non rappresenterebbe un problema. Di fronte a una crescita delle richieste di trascrizione all’anagrafe di questi bambini 'ordinati e acquistati' all’estero, quale giudice potrebbe opporsi una volta che è stata aperta la breccia?7 Quali sono le alternative? Un’ipotesi è quella dell’affido rafforzato, ma anche in questo caso le contraddizioni giuridiche sono evidenti. L’affido è una situazione transitoria e riguarda quasi sempre minori in stato d’abbandono o che hanno alle spalle una situazione familiare problematica. Quindi sarebbe necessario il verificarsi di queste ipotesi. Un’altra proposta è quella di lasciare al giudice la valutazione volta per volta. Ma si tratterebbe di una soluzione a rischio, perché in assenza di linee generali, troppi giudici avrebbero la tentazione di trasformarsi in legislatori. L’unica soluzione ragionevole, come indicato anche dal presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, sarebbe quella di stralciare il capitolo adozioni dalla legge sulle Unione civili e procedere ad una modifica equilibrata e non ideologica della legge 184 del 1983 con la preoccupazione reale di mettere i bambini al primo posto. Troppo bello per essere vero? 8 Cosa cambierebbe con il nuovo emendamento allo studio? Ben poco, perché la proposta di concedere l’adozione dopo due anni di verifica preadottiva, con la decisione finale da parte di un giudice, lascia inalterate tutte le contraddizioni giuridiche e i dubbi sostanziali della 'stepchild adoption' prima maniera e si concluderebbe in ogni caso con un’adozione.9 La proposta Cirinnà presenta rischi di incostituzionalità? Verissimo. Secondo la Corte costituzionale la regolamentazione delle unioni civili avrebbe dovuto essere 'diversa dal matrimonio' (sentenza n. 138/2010). Invece, anche nella nuova stesura, sono rimasti tutti i riferimenti agli articoli del Codice civile che disciplinano il matrimonio. Anche i nuovi emendamenti allo studio sono tutti da verificare sotto questo punto di vista. 10 Esistono altre incongruenze? Molte. Al punto 1 dell’art. 3 del disegno di legge si vuole introdurre l’obbligo reciproco alla 'coabitazione'. Ma già la riforma del diritto di famiglia del 1975 aveva cancellato questo obbligo, tanto che i coniugi sono liberi di fissare la loro residenza in luoghi diversi. E inoltre, per sciogliere le unioni civili omosessuali, il ddl Cirinnà fa riferimento alla disciplina della separazione e del divorzio (capo V del titolo VI del libro primo del Codice civile). Ma quelle leggi erano pensate per sciogliere un vincolo matrimoniale, non una «dichiarazione davanti all’ufficiale di stato civile ». Di fatto non si ha certezza su cosa succederebbe. Tutta da verificare anche la compatibilità del disegno di legge con la norma sul diritto al riconoscimento delle origini biologiche approvata nel giugno scorso. 
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