martedì 30 settembre 2014
Alfano: massima allerta, servono «misure severe» Sono almeno 48 i jihadisti partiti dall’Italia.
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Un pacchetto di «norme molto severe» per contrastare il pericolo dei foreign fighters, i jihadisti europei che combattono in Siria e in Iraq e che, insieme alle minacce lanciate mediaticamente dall’Is del califfato iracheno, preoccupano l’intelligence e gli apparati di sicurezza italiani. Ad annunciare il giro di vite è il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che da Bruxelles parla di un’allerta terrorismo «elevatissima», seppur in «assenza di minacce specifiche», perché il nostro Paese è «parte della coalizione internazionale che contrasta il terrorismo, è la sede della cristianità ed ha fatto scelte importanti in Parlamento negli ultimi mesi». Alfano, segnalando che sarebbero attualmente «48» le persone provenienti dall’Italia arruolate nelle formazioni estremiste che combattono in Siria o in Iraq (su circa tremila europei), auspica paletti più rigidi a livello europeo (con una attenta «registrazione dei passeggeri in ambito Schengen, per quanto riguarda  voli e transiti») e insieme annuncia di essere pronto a presentare «di fronte a governo e Parlamento» le proprie proposte. Il pacchetto, realizzato di concerto coi tecnici del Guardasigilli Andrea Orlando, potrebbe approdare presto in Consiglio dei ministri, sotto forma di decreto o di disegno di legge. Secondo quanto Avvenire  è in grado di anticipare, le misure proposte dovrebbero muoversi lungo due direttrici: una penale e un’altra amministrativa. Nel primo caso, si parla di almeno due nuove norme da inserire nel codice penale: la prima punta a estendere alle persone «reclutate» la fattispecie dell’articolo 270 quater («Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale») che attualmente punisce, con la detenzione da 7 a 15 anni, solo i reclutatori, cioè chiunque «arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale». La seconda norma penale dovrebbe alzare un argine al fenomeno dei foreign fighters, stabilendo che chiunque prende parte a un combattimento all’estero, commette un reato qualora non sia «cittadino o stabilmente residente» nel Paese in cui si è recato a combattere. Una previsione legislativa modellata sul calco delle norme che in Italia già vietano il combattimento da mercenari, ma depurata dal riferimento alla ricompensa percepita dai soldati di ventura. Entrambe le misure, secondo Alfano, colmerebbero «la lacuna normativa che rende molto difficile punire chi voglia andare a combattere all’estero, pur non essendo il reclutatore». Accanto alla parte penale, è pronta quella amministrativa, che punta a estendere alcune misure di prevenzione per soggetti pericolosi (previste nel codice antimafia e destinate ad esempio a presunti a appartenenti a sodalizi criminali) agli aspiranti “viaggiatori dello jihad”. In casi in cui il reato non sia ancora stato commesso (il potenziale foreign fighterè ancora in Italia), ma esistano «chiari indizi» dell’imminente partecipazione a conflitti all’estero, potrebbero scattare alcune sanzioni amministrative disposte direttamente dal questore o richieste alla magistratura: fra queste, la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (con divieto o obbligo di soggiorno in determinati luoghi) o il blocco del passaporto. Steccati amministrativi per evitare che chi è pronto a imbracciare un Kalashnikov in terra straniera possa partire, come avviene adesso. «L’Italia è un Paese sicuro in cui vivere – conclude il ministro Alfano – ma continueremo a tenere alta l’attenzione. Abbiamo una lista di obiettivi sensibili e abbiamo chiesto di rafforzare la vigilanza, con una circolare inviata nei giorni scorsi a prefetti e questori».
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