sabato 6 aprile 2013
Forse venerdì l’incontro tra Bersani e Berlusconi sul Quirinale, dopo la fine del lavoro dei "saggi". Il ministro della Coesione, Fabrizio Barca scende in campo: «È ora di fare squadra, da noi troppi Orazi e Curiazi». (di Marco Iasevoli)​
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«Matteo Renzi e Beppe Grillo marciano divisi per colpire compatti: appena vedono segnali d’intesa nell’interesse del Paese, cercano di sfasciare tutto». Beppe Fioroni, uno dei più accesi trattativisti del Pd, ammette ormai alla luce del sole che i contatti tra democrat e Pdl sul nuovo capo dello Stato sono iniziati. E gli indizi non mancano. Il Cavaliere che sceglie la tregua con il Colle e fa completare i lavori dei saggi senza impuntarsi sul caso-Onida, il segretario Pd che sembra sempre più sicuro di poter varare, subito dopo l’elezione del capo dello Stato, un "suo" esecutivo...Ma nulla è già scritto. L’incontro decisivo tra il segretario Pd e Berlusconi potrebbe avvenire venerdì. E le incognite non mancano. C’è un punto di partenza per il Quirinale, Giuliano Amato. Ma Bersani vorrebbe ancora provare a sparigliare, a proporre un nome ugualmente condiviso, ma meno esposto al rischio di essere attaccato dai grillini (ieri si vociferava di nuovo dei ministri Severino e Cancellieri, ma non si escludono «sorprese»). Il Cavaliere, invece, ancora non ha detto «sì» all’ipotesi di far partire, subito dopo, un "esecutivo del cambiamento" con sostegno misto di grillini fuoriusciti, montiani e spezzoni leghisti-pidiellini, rinunciando di fatto ad avere suoi rappresentanti diretti. D’altra parte, nemmeno i moderati del Pd metterebbero la mano sul fuoco sul fatto che Bersani possa essere investito di un nuovo mandato per il governo: piuttosto, auspicano un incarico a Enrico Letta con un passo indietro congiunto del segretario e del Cavaliere.Il rebus non è dunque risolto. E l’attuale, fluida situazione continua ad agitare Matteo Renzi. Il sindaco è convinto che Bersani e Berlusconi abbiano il comune interesse a tenerlo lontano dai giochi che contano. E ribalta contro il segretario l’accusa che da sempre il Pd gli muove: «Io non voglio un’alleanza con il Cavaliere, anzi preferirei il voto. Ma qui conta il Paese, non ciò che penso io. D’altra parte – ecco la puntura – Berlusconi si fida molto più di Bersani e D’Alema, visto che li conosce da venti anni. E poi i loro uomini di fiducia, Verdini e Migliavacca, si incontrano spesso...». Un modo velenoso per parlare di "inciucio" senza usare quel termine. Insomma, insiste il rottamatore, lui, nelle ultime sortite, ha solo invitato «come farebbe il 95 per cento degli italiani» a fare «qualcosa e a fare in fretta, che sia spaccare M5S o andare col Pdl o tornare al voto». Renzi smentisce poi di voler fare «nuovi partiti» perché «ce ne sono troppi», e smentisce anche di essere stato individuato da Napolitano come possibile premier di una grande coalizione. Tuttavia la sensazione è che Bersani ormai provi a stringerlo in una morsa. Se il segretario riuscirà a fare il governo la prossima tappa politica è il congresso Pd. E Renzi avrà un rivale forte, Fabrizio Barca. Il ministro ieri è uscito allo scoperto: «Guardo al Pd, vorrei dare un contributo. Ma non farò il curatore fallimentare perché non si tratta di un "non partito"». Barca ammette anche la sua «ammirazione» per Bersani e la sua voglia di cambiamento, e già sembra parlare da segretario: «Da noi troppi Orazi e Curiazi, bisogna fare squadra».
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