venerdì 27 marzo 2015
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La macchina di Renzi lanciata a tutta velocità non si ferma. La legge elettorale, tra mille divisioni e polemiche, dovrebbe arrivare in aula il 27 aprile, ovvero prima delle regionali: «Un colpo di Stato», grida Brunetta, deciso a fermarla, senza suscitare preoccupazione alcuna nel ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, per la quale è normale amministrazione: «Le opposizioni non sono mai d’accordo». Almeno per ora, comunque, il testo che approderà al voto dell’Assemblea non dovrebbe subire modifiche. A Palazzo Chigi assicurano che il copione è scritto e nessuno ci rimetterà mano. Si tratta solo di andare alla conta o allo scontro lunedì in Direzione. Ma sull’Italicum, ancora una volta, ieri il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini avvisava che quello che deciderà la maggioranza dovrà essere votato da tutto il partito. E però nessuno crede alla scissione. A Montecitorio è il capogruppo Roberto Speranza a tentare la mediazione. Ieri il presidente dei deputati democratici è andato anche nello studio del premier per proporgli qualche ipotesi di modifica, in grado di far rientrare i dissensi ed evitare di spaccare il partito. L’idea di cedere, però, il capo del governo non la prende proprio in considerazione. Per i mediatori della partita, invece, potrebbe bastare una riduzione dei nominati da 100 a 70 per riportare un clima di collaborazione ed evitare il ricorso ai voti dei dissidenti azzurri. Ipotesi che comunque non sembrano ancora trovare riscontri. Non si intravedono crepe sul testo. «Lunedì in Direzione discutiamo e verosimilmente ci sarà una votazione. Quella sarà la posizione del partito», ragiona Guerini. «Si farà poi una discussione anche nei gruppi, ma a partire dall’impianto deciso in direzione». D’altra parte il testo, osserva, «non nasce oggi, ma è frutto di mesi di discussione. Ci sono state modifiche che hanno tenuto conto anche delle proposte della minoranza e su cui c’è un accordo di maggioranza». Ma che la discussione non sia finita lo fanno capire le minoranze dem, decise ad archiviare il patto del Nazareno in cui una delle due controparti – Berlusconi – non si riconosce ormai da mesi. E però Renzi ha fretta di chiudere su entrambe le riforme, quella costituzionale e quella elettorale. «La libertà di coscienza ci può essere sulla materia costituzionale ed è stata riconosciuta a chi ha votato in modo difforme dal gruppo sul ddl di riforma del Senato. Non c’è invece sulla legge elettorale, che è un tema politico», secondo il presidente del Pd Matteo Orfini. Secondo il quale «ci sarà occasione di discuterne anche nei gruppi parlamentari, ma non si può decidere quale organismo è sovrano a seconda della propria convenienza, non può funzionare così». Di certo, conferma dall’opposizione D’Attorre, se Renzi non farà aperture «si assumerà la responsabilità della spaccatura del Pd».
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