sabato 16 gennaio 2016
Il Comitato difendiamo i nostri figli, che aveva già organizzato l’appuntamento del 20 giugno, ufficializza la marcia fino a piazza San Giovanni. L'EDITORIALE No alla tentazione di esperimenti sociali (Benito Perrone) | LA SCHEDA Unioni civili, domande & risposte
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Adesso è ufficiale, l’invito è partito, e se anche i giorni per muoversi sono davvero pochi, i segnali di adesione che giungono agli organizzatori sono incoraggianti: sabato 30 gennaio piazza San Giovanni a Roma tornerà ad accogliere, 7 mesi dopo la manifestazione del 20 giugno, gente da tutta Italia «a difesa della famiglia e del diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà». Lo snello comunicato col quale – via Facebook – ieri mattina il «Comitato difendiamo i nostri figli» ha fatto sapere che la manifestazione si farà, due giorni dopo l’avvio del dibattito al Senato sul disegno di legge Cirinnà, ha fatto rapidamente il giro del web come un segnale atteso da molti.  Per gli aspetti logistici bastano due righe: «Il raduno è fissato per le 11.30. Il luogo e il percorso verranno comunicati in un secondo momento », ma i contatti in corso con le autorità della Capitale fanno pensare al Circo Massimo per raggiungere insieme a piedi piazza San Giovanni, poco più di due chilometri. Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato (che già organizzò l’iniziativa di giugno), non sente l’ansia del poco tempo a disposizione: per lui ora sono decisivi lo stile e le motivazioni della piazza, convinto che «saremo più numerosi dell’altra volta». «Andiamo a dire in cosa crediamo, non per contestare, o contro qualcuno – spiega –: siamo per la famiglia così come se ne legge il ritratto nella nostra Costituzione. Per questo ci pare molto preoccupante la legge sulle unioni civili, che svaluta la famiglia – fondata sul patto tra due persone aperte alla generazione di figli – equiparandola a convivenze di persone dello stesso sesso che non possono procreare. È una forzatura culturale e antropologica, che trascura il diritto dei bambini di crescere con un papà e una mamma». C’è anche un aspetto economico: «La reversibilità costerebbe allo Stato 30 milioni di euro in un anno, centinaia in un decennio: da dove saltano fuori tutti questi soldi? E con quasi un milione e mezzo di famiglie sotto la soglia di povertà, non è meglio spenderli diversamente?». Sulla stessa opportunità di una legge, congegnata com’è quella in cantiere, Gandolfini nutre più di un dubbio: «In una convivenza ciò che va riconosciuto alle persone dello stesso sesso è garantito dal diritto civile, che tutela da forme di discriminazione: nessuno può impedire la visita del partner in ospedale, il subentro nel contratto d’affitto, la partecipazione all’eredità, la possibilità di non testimoniare in tribunale se nuoce al convivente, la visita in carcere e altro ancora. Una legge, così come chiesto dalla Corte Costituzionale, è utile se si tratta del riordino di queste e altre materie, ma senza creare nuovi diritti che finiscono per equiparare la coppia al patto stabile e aperto alla vita, realizzando un’impropria omologazione di realtà diverse». Se i motivi per esprimere un civile dissenso sono chiari, Gandolfini – che di mestiere fa il neurochirurgo e dichiara di «non ambire affatto a un futuro in politica» – sta lavorando perché lo sia altrettanto «l’apertura della manifestazione a tutte le famiglie, madri e padri, figli e nonni, cattolici e non, organizzati o a titolo personale, politici e rappresentanze istituzionali, e in generale quanti condividono le nostre motivazioni, o semplicemente desiderano verificare il tono positivo e accogliente di un’iniziativa che vuole includere e non certo dividere». Tanto meno la Chiesa: «Attendiamo tutte le realtà ecclesiali, con o senza striscioni e bandiere, col solo limite di non usare espressioni irrispettose verso chiunque. Sarà un’esperienza di condivisione gioiosa, per farci sentire da chi deve ascoltare la famiglia italiana che tiene in piedi il Paese. Sono benvenuti anche vescovi, sacerdoti e religiosi: saremo felici di avere insieme a noi chiunque condivida l’importanza di un gesto pubblico sereno ma fermo come questo. Conto sull’amicizia di chi in 253 realtà locali mi ha invitato in questi mesi a parlare di famiglia e delle questioni di cui stiamo discutendo». Quanto ai costi, «chiediamo il contributo di chi può aiutarci a coprirli: sul sito del Comitato spieghiamo come fare». L’obiettivo del 30 gennaio è dunque di «mostrare che c’è una parte di Italia non rassegnata a subire una legge che non condivide». Sul palco, a conclusione della giornata («non andremo oltre le 16.30, poi fa buio...», promette Gandolfini), parlerà solo il presidente del Comitato: «Le battaglie si fanno non perché si è sicuri di poterle vincere – conclude – ma perché è giusto farle: vorrei che fossimo sicuri, in coscienza, di aver messo in atto tutto quello che si poteva. Siamo di fronte a un passaggio decisivo, ci vuole l’impegno personale di tutti».
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