martedì 5 maggio 2015
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La voglia di festeggiare prevale su qualsiasi ragionamento 'rancoroso'. E soprattutto il «risultato storico» incassato con l’Italicum dà al premier un’assoluta certezza politica rivolta al futuro, più che al passato: «Dobbiamo andare avanti sulle riforme e chiuderle tutte entro l’anno senza mai prestarci a scambi, ricatti e trattative, senza rinviarne nemmeno una. È il motivo per cui è nato questo governo e per cui è nato anche il Pd». La minoranza? «Volevano solo rovinare la festa». Forza Italia? «La verità è che oggi emerge nitidamente una cosa: esiste una maggioranza con una linea politica chiara; e ci sono 'gli altri' che non rappresentano un’alternativa, tanto meno se si mettono insieme. Brunetta ha chiesto il voto segreto e poi ha fatto uscire tutti dall’Aula per non mostrare le crepe nel suo partito. Il governo è più forte di ieri perché ha messo in evidenza chi ha un progetto e chi ha come unico progetto quello di fermare il cambiamento». Un ragionamento che conduce dritto ad un altro punto: «Io non punto al voto anticipato. Questi discorsi inizieranno dopo aver chiuso tutte le riforme. Ma se avessero il coraggio di farci cadere al Senato, non ci sarebbe alcuna maggioranza alternativa a questa. L’epoca dei tecnici e delle larghe intese è finita. È tornato il tempo della politica e delle decisioni. L’Italicum ha esattamente questo messaggio, al Paese e all’Europa».  Le parole scorrono come una valanga. I comunicatori di Palazzo Chigi postano su Twitter gli articoli delle edizioni on line dei giornali internazionali, che salutano la nuova legge elettorale come una svolta nel Paese dei governi che cambiano ogni 12 mesi. E Renzi assapora anche un risultato che sembra a portata di mano: lo spread sotto i 100 punti, a mostrare il gradimento dei mercati.  Renzi sembra volutamente trascurare la ferita politica dei 44-45 della minoranza democrat che hanno votato «no». La «storiella» della trattativa per ricucire con la sinistra, al premier piace fino a un certo punto. «Cambieremo quando saremo convinti che ogni cambiamento corrisponde ad un miglioramento. Vale per la scuola, vale per il nuovo Senato». E poi c’è la consapevolezza che il gruppo di Forza Italia a Palazzo Madama è ormai sull’orlo di una crisi di nervi. «Possono esplodere da un momento all’altro», confida chi ha incontrato il premier a Palazzo Chigi. I numeri a Palazzo Madama possono apparire una preoccupazione, ma in verità non lo sono. Se anche Civati, Fassina e Cuperlo dovessero formare un gruppo autonomo, pochi li seguirebbero e in diversi si proporrebbero per sostituirli. Vien da chiedersi allora se davvero il premier abbia voglia di tenere unito il Pd. «Io li voglio tenere dentro, ma non a qualsiasi prezzo». Se il governo, dopo le modifiche alla Camera, si prepara a cambiare ancora il ddl sulla 'buona scuola' al Senato, non è per il pressing della minoranza, ma per il peso specifico dello sciopero. «Ho ascoltato i dubbi dei prof, c’è un pezzo di Paese che non ha capito. Troveremo una soluzione ma senza cedere a chi vorrebbe incassare le assunzioni e bloccare tutto il resto». Non si parli di trattativa, dunque. Diverso il discorso per la riforma costituzionale. Qui Renzi è disposto a 'concedere' qualcosa per premiare chi non si è fatto attrarre dai «pezzi da novanta » che hanno organizzato il dissenso sull’Italicum. Ci sono diversi articoli cambiati alla Camera e che possono essere rivisti al Senato senza arenare tutto l’iter. C’è la possibilità di prevedere un meccanismo che vincoli la nomina di nuovi senatori alle preferenze incassate in Regione. «Dipende da loro, ma se alzano il tiro io vado dritto».
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