giovedì 28 maggio 2015
​Renzi: Pd è legalità. De Luca: per il premier la legge Severino si può superare. Ma Palazzo Chigi studia una via d'uscita nel caso in cui venisse eletto presidente della Campania e dichiarato decaduto. 
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La tegola degli «impresentabili» si abbatte sul Pd più che sugli altri partiti, malgrado lo sforzo di Matteo Renzi per scrollarsi la polvere di dosso. Il caso del candidato governatore della Campania Vincenzo De Luca scatena le opposizioni, pronte a sparare sull’avversario dem. Ma il premier mette in fila i suoi 'argomenti', per spazzare ogni dubbio. Il suo governo, ricorda, è inappuntabile per i provvedimenti approvati: «Legge anticorruzione con pene molto più dure per chi ruba, una legge per cui chi vuole patteggiare deve restituire ciò che ha rubato, reintroduzione del falso in bilancio che altri avevano tolto, legge sull’autoriciclaggio, gli accordi con la Svizzera e il Vaticano, legge sui reati ambientali». Insomma, incalza Renzi, «sulla legalità non prendiamo lezioni da nessuno. Questo è il Pd, è legalità. C’è chi la combatte a parole, chi con i fatti».  E però la tensione è altissima. E a gettare benzina è lo stesso De Luca che si fa arbitrariamente interprete del pensiero del segretario del Pd, attribuendogli parole che irritano l’inquilino di Palazzo Chigi. A metà giornata, l’aspirante presidente, che in base alla legge Severino potrebbe decadere, dopo la sentenza della Cassazione che affida al giudice ordinario e non al Tar il giudizio sulla sospensione, sentenzia: «Renzi ha chiaramente definito la Severino un problema superabile, confermando che chi viene scelto dai cittadini, con un voto democratico, potrà tranquillamente governare». Parole impegnative, che in serata l’interessato smorza. Ma il problema per Palazzo Chigi resta ed è di difficile soluzione. Si tratta di capire come uscire dall’imbarazzo di fronte al fatto che, se De Luca fosse eletto, non potrebbe esercitare le sue funzioni perché, in base alla legge Severino, il prefetto dovrebbe dichiararne la sospensione in quanto condannato in primo grado per abuso d’ufficio. E allora si pensa a una via di uscita. Tra le ipotesi, la più concreta è di attendere la nomina di giunta e vicepresidente e chiedere all’eventuale vincitore di fare un passo indietro.   Intanto si attende la lista dalla commissione Antimafia, che si difende dalle critiche di aver rinviato fino a venerdì la diffusione di tutti i nomi. E la campagna elettorale prende una nuova piega. Silvio Berlusconi cambia i pronostici a suo vantaggio: «Se il centrodestra vincerà in tre Regioni – Veneto, Campania e Liguria – Renzi dovrà dimettersi da premier». Beppe Grillo, invece, sventola il Finacial Times, che sulle prime pagine riporta il caso italiano. L’ex comico attacca Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia: «Perché se ci sono impresentabili in odor di mafia nelle liste dei partiti che si presentano alle elezioni regionali Rosy Boccacucita Bindi ha deciso di tenere segreti i nomi fino a venerdì, al limite del silenzio elettorale? Per non imbarazzare i candidati presidenti del Pd?». Non è da meno il leader della Lega Matteo Salvini, che di un eventuale successo intende fare l’avvio della sua Opa sul centrodestra. L’Antimafia diffonde una nota, in cui spiega come «la raccolta delle informazioni e il necessario riscontro sui candidati si sono rivelati complessi e laboriosi. Nonostante le difficoltà oggettive, la Commissione sta svolgendo con il massimo scrupolo il proprio lavoro». Quanto alle accuse, il vicesegretario Lorenzo Guerini garantisce sulla qualità delle liste del Pd. Ma ormai, dice, sulla legge Severino «si è aperto un dibattito: credo quindi che chi sarà chiamato a intervenire su eventuali ricorsi dovrà lavorare, ma poi più avanti la politica dovrà riflettere sul tema». Lo scollamento della politica dagli elettori trova nuova linfa. E il presidente del Senato Grasso mette in guardia dai rischi dell’astensionismo. 
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