martedì 28 luglio 2015
​Dai costi standard per le prestazioni al taglio delle prescrizioni facili: nel 2015 previsti risparmi per 2,3 miliardi.
 Scontro Renzi-Regioni sulla sanità. Oggi la fiducia.
COMMENTA E CONDIVIDI
L’obiettivo è risparmiare 10 miliardi di euro in 3-4 anni tagliando sprechi e inefficienze. Calcolando che oggi il Fondo sanitario nazionale assorbe circa 110 miliardi si tratta di una riduzione di quasi il 10%: non poco quindi, considerando che i bilanci delle Asl già da qualche anno sono sotto esame e che l’età media della popolazione tende ad aumentare, con un inevitabile maggior ricorso alle cure mediche. Inoltre sulla fattibilità della spending review sanitaria va sempre tenuto conto che oltre un terzo della spesa è relativo agli stipendi, i quali oltretutto, con lo sblocco dei contratti pubblici decretato dalla Corte costituzionale, dal 2016 potrebbero tornare a crescere. Al netto di queste difficoltà, il patto per la salute siglato nei mesi scorsi tra Regioni e governo punta recuperare risorse dall’applicazione dei costi standard per le prestazioni, dalla riduzione dei centri per gli acquisti e dalla rinegoziazione dei contratti, oltre che da una riduzione di posti letto e degenze e dall’introduzione di referti digitali e fascicoli sanitari elettronici. Il taglio da 2,3 miliardi del Fondo sanitario non è una novità di ieri, era già previsto dalla legge di Stabilità 2015. Non è chiaro se l’emendamento presentato ora dal governo al decreto legge sugli enti locali sia dovuto al fatto che i risparmi non stanno dando i frutti attesi o se l’obiettivo è implementare il dossier in vista del 2016. L’anno prossimo infatti il governo dovrà ridurre di almeno 10 miliardi la spesa pubblica per evitare il rincaro di Iva e accise contenuto nelle clausole di salvaguardia. E la sanità, come ha chiarito nei giorni scorsi il commissario alla spending review Gutgeld, dovrà dare un suo contributo, che sarà gradualmente crescente nei prossimi anni e senza tagli lineari.  Uno dei capitoli nel mirino è quello delle prescrizioni facili, cioè dei troppi esami di laboratorio, spesso ordinati dai medici anche a scopo 'difensivo', per evitare eventuali cause da parte dei pazienti. Secondo i tecnici del ministero della Salute si tratta di un partita da 13 miliardi di euro l’anno. Ad esempio si fanno troppe risonanze magnetiche alla colonna vertebrale per un semplice mal di schiena. Poi ci sono gli sprechi per l’acquisto dei costosi kit per gli esami di laboratorio che poi scadono e restano inutilizzati. Un decreto del ministro previsto nelle prossime settimane detterà le «condizioni di erogabilità» delle prestazioni, cercando di limitare quelle inappropriate. Al di fuori delle indicazioni definite, le prescrizioni non sarebbero più a carico del Servizio sanitario ma dovrebbero essere pagate direttamente dai cittadini. Mentre il medico che non le rispetta potrebbe essere sanzionato. Un intervento delicato perché va a interferire con le decisioni diagnostiche e terapeutiche del professionista.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: