venerdì 27 maggio 2016
Il ministro delle Infrastrutture alla sinistra Pd: «È inaccettabile legare il sì al referendum a cambiamenti all’Italicum». Poi ragiona sul voto di ottobre: «Un no metterebbe fine a questa esperienza di governo, ma poi deciderebbe Mattarella». (Arturo Celletti)
Delrio: minoranza, comitati del no inaccettabili
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«Possiamo discutere. Anche scontrarci. Ma sempre pensando al bene del Paese, a chi ha creduto e crede nel Pd, ai giovani e alle famiglie ancora piegati dalla crisi... Ricordo le parole di un padre del socialismo, Camillo Prampolini: uniti siamo tutto, divisi siamo nulla. È così. Il Pd può spingere l’Italia solo unito. Può avere forza propulsiva solo se capace di mettere da parte tattiche ed egoismi». Graziano Delrio esce allo scoperto e si rivolge direttamente alla minoranza. Che alza la voce contro l’Italicum. Che mette in fila i tanti dubbi sulla riforma Costituzionale. E che lega i due temi. «Discutere di legge elettorale è sempre possibile, ma farlo a ridosso del referendum non è giusto, non è coerente. Non servono ultimatum. Dire 'si cambi l’Italicum o non votiamo il referendum' è irresponsabile. È un colpo basso al Pd e al Paese». Per qualche minuto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti parla di un’Italia che grazie alle riforme «ha rialzato la testa». ha «riacquistato forza e credibilità». E, partendo da qui, chiede al Pd unità e responsabilità. A cominciare dal referendum di ottobre. «La linea è chiara. Esistono decisioni prese. Esiste una responsabilità verso il Paese ed esiste una linea di partito. Poi un dissenso personale può essere anche accettato, ma un dissenso organizzato no». Chi nella minoranza dice no al referendum verrà espulso? Anche se qualcuno non è convinto della bontà della riforma, siamo contro le espulsioni e per la libertà di coscienza. Ma non sono possibili due linee nel partito e non sarebbero accettati comitati per il no dentro il Pd, visto che in Parlamento si è espresso a favore della riforma. Insisto: se la minoranza chiede discussione e chiarezza avrà discussione e chiarezza. Ma a Cuperlo, a Bersani, a Speranza dico l’unità sia vista come un valore e si metta davanti a tutto il bene dell’Italia. Insieme abbiamo assunto decisioni importanti, chiesto sacrifici, insieme abbiamo accettato di collaborare con il centrodestra per realizzare le riforme... Ora siamo chiamati a una nuova prova di unità e di responsabilità. Un no al referendum vorrebbe dire voto anticipato? Vorrebbe dire che non siamo stati capaci di farci capire dal Paese. Sarebbe inevitabile mettersi da parte. Si andrebbe o no a elezioni subito? Un no al referendum metterebbe fine a questa esperienza di governo, ma non vorrebbe dire automaticamente il voto. Decide il presidente della Repubblica. Renzi non sarebbe più premier, ma sarebbe ancora segretario del Pd. C’è un congresso che potrà esprimersi, ci saranno valutazioni da fare. Valutazioni? Il Pd è un partito moderno e il leader è anche il capo del governo. Come in Germania con la Merkel, come in Francia con Hollande, come nel Regno Unito con Cameron. Le grandi democrazie vanno verso questo tipo di semplificazione. Ma oggi tutto mi pare prematuro. Oggi c’é un Paese che vuole riforme e un governo che punta a chiudere la legislatura e a garantire stabilità, con questa maggioranza, fino al 2018. Il Forum propone una no tax area familiare. Giusto? Giusto, giusto. Noi abbiamo cercato di potenziare i servizi alla famiglia, gli asili nido, i fondi per i non autosufficienti; abbiamo lavorato su detrazioni e bonus, ora serve più giustizia fiscale per famiglie povere e numerose. Sappiamo che c’é bisogno di riequilibrio e sono pronto a scommettere che un segnale possa arrivare già nella prossima legge di stabilità. Renzi la pensa come lei? E a proposito come va con il premier? C’è ancora l’affetto di un tempo? C’é più affetto di un tempo: siamo come una famiglia. Poi c’é un confronto costante. Su alcune cose abbiamo sensibilità diverse, ma lavoriamo fianco a fianco e sulla necessità di mettere la famiglia al centro dell’azione di governo siamo assolutamente sulla stessa linea. Renzi ha tre figli, conosce il Paese, sa che bisogna concentrarsi sul tema della povertà, sa che le famiglie numerose e quelle con donne sole con un bambino soffrono più delle altre. Torniamo al referendum: Renzi ha sbagliato a personalizzarlo? Questo governo ha fatto della riforma della Costituzione un atto centrale ed é legato indissolu- bilmente all’esito del referendum. Abbiamo lavorato per mesi e mesi e ora tocca agli italiani dire la loro. Noi crediamo nella forza di questa riforma, scommettiamo sui suoi effetti. Se il Paese dovesse dire no sarà inevitabile trarne le conclusioni.  Sarebbe la fine di un gruppo dirigente...  Ognuno di noi farà le sue valutazioni. Io non ho paura di tornare a fare il medico-ricercatore, ho sempre le valigie in mano. E sarebbe un colpo mortale alle riforme fatte? No. Le cose fatte sono fatte. Non verranno cancellate da un no al referendum o da una crisi di governo. Le cose buone resterebbero, come quelle ereditate dai nostri predecessori. Teme le amministrative? Perdere a Napoli, Milano e Roma sarebbe un colpo durissimo. Mi sono fatto l’idea che le prossime comunali non andranno male e non prendo nemmeno in considerazione l’idea di perdere le tre città. La gente voterà per chi convince, per chi ha le idee più chiare e le spalle più robuste, per chi ha autonomia. Sì, i cittadini voteranno per i candidati capaci di decidere liberalmente e con coscienza. Si dice che a Roma vincerà la Raggi, io dico che vincerà Giachetti: è romano, parla con Roma, la conosce, saprà prenderla per mano. A molti elettori del Pd non va giù il sostegno di Verdini ai vostri candidati. L’unica cosa che conta davvero è avere il sostegno di liste fatte da candidati puliti, non legati a interessi di potere, liberi. Ma è immaginabile un patto con Verdini quando si tornerà a votare? Oggi Verdini guida una formazione politica che, di volta in volta, decide se votare provvedimenti del governo. E, di volta in volta. decide se aggiungere i suoi voti per realizzare con noi riforme. Il 2018 è lontano. Noi preferiamo ragionare da ex sindaci: governare per dare al Paese una prospettiva, un orizzonte. Detto questo mi pare che il Pd non abbia la stessa vocazione di Verdini. E mi lasci dire che le parole di ieri del senatore D’Anna contro Saviano sono sbagliate e inaccettabili. Anche l’esperienza di governo con Ncd rischia di terminare? Stiamo collaborando bene con i ministri di Ncd, c’é grande sintonia. Con Alfano siamo alleati stabili di governo, c’é un’alleanza organica. Con Verdini c’é un rapporto diverso: ripeto, i loro voti sono solo aggiuntivi. L’8 aprile lei presentò un esposto e parlò di trame contro lo Stato. Ha novità? L’Italia ha vissuto momenti ben più complicati. Anni di tensioni vere, anni di bombe sui treni, non voglio drammatizzare, voglio però la verità. Ci sono persone che raccontano di aver costruito dossier per influenzare altre persone. Beh, è giusto che si sappia tutta la verità: un uomo pubblico deve essere libero, non ricattabile e non ricattato. Lei è stato sentito dai magistrati di Potenza: ha avuto mai l’impressione di un governo sotto attacco?  Non c’é mai stato un tentativo di aggressione al governo. Noi chiediamo la verità come cittadini e come governanti. La magistratura fa il suo lavoro e il governo non interferisce. È giusto così. Deve essere così. Un rapporto improntato a fiducia, rispetto e collaborazione tra governo e magistrati. Da ministro delle Infrastrutture ha incontrato ripetutamente Cantone. Quale ricetta per vincere la corruzione? Muoversi nell’ordinarietà e nella semplicità aiuta. Abbiamo bisogno di leggi facili e di procedure trasparenti. Poi serve l’educazione. Gli antichi romani dicevano ubi societas, ibi ius, dove c’è la società, c’é la legge, la legalità. E quindi la società deve fare la sua parte. Anche questa sarà una nostra sfida e anche questa volta ce la faremo.
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