venerdì 19 agosto 2016
Il numero uno dell’Autorità per l’Anticorruzione modifica le sue convinzioni sull’uso delle droghe cosiddette leggere e scatena una ridda di reazioni.
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 «Cannabis legale», scontro su Cantone
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La autodefinisce una «legalizzazione intelligente». Raffaele Cantone apre all’ipotesi di una regolamentazione dell’uso della cannabis. Un parere che pesa, quello del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), che inevitabilmente riapre una polemica mai chiusa. Diversi i consensi, altrettanti i no: dal mondo della politica (su tutti il ministro Enrico Costa), come pure da magistrati del calibro di Nicola Gratteri. Tutti concordi nel dire che il presidente dell’Anticorruzione stavolta ha preso una «cantonata». Il numero uno dell’Anac ha spiega to ieri a Radio Radicale di avere rivisto le sue posizioni. Se prima era «assolutamente contrario all’idea della legalizzazione» ora dice aver cambiato idea: «Credo soprattutto che una legalizzazione intelligente possa evitare il danno peggiore per i ragazzi, cioè entrare in contatto con ambienti della criminalità. Questo mi porta ad essere molto più laico». L’altra ragione è che, a suo dire, «droghe leggere controllate probabilmente evitano interventi chimici che stanno portando anche alla tendenza all’assuefazione o al vizio». Anche se precisa di essere «contro una legalizzazione totale». L’esternazione di Cantone piace al sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, promotore dell’intergruppo che ha scritto la proposta di legge all’esame della Camera, che cita «il pragmatismo degli Usa». Stessa posizione di Arturo Scotto (Si), così come di Walter Verini e Pina Picierno (Pd). Plaude anche Alfonso Bonafede (M5S) che però non si fida dei Dem: «Troveranno il modo di affossare la proposta», dice. E il capogruppo del Pd alla camera, Ettore Rosato, avverte infatti che si tratta di «un tema complesso». Anche il leader de 'I Moderati' Giacomo Portas, eletto alla Camera nel Pd, si mostra perplesso: «No a scorciatoie, migliaia di giovani rischiano grossi danni fisici». Netto il no del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, con delega alla Famiglia, Enrico Costa (Ncd): «I magistrati, dall’alto della loro esperienza e della loro conoscenza delle dinamiche legate allo spaccio della droga, non alzino bandiera bianca», afferma.  Dal governatore della Lombardia Bobo Maroni arriva polemica la domanda su «qual è il nesso tra anticorruzione e cannabis». Per Carlo Giovanardi, senatore Gal, «Cantone sostiene una cosa assolutamente non condivisibile». E il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, rincara: «Cantone dimostra incompetenza e irresponsabilità». Forzista anche Enzo Fasano: «La distinzione tra droghe leggere e pesanti è un alibi perché tutte fanno male e comunque le cosiddette leggere sono spesso anticamera per quelle ancora più pericolose. Stavolta Cantone ha preso una cantonata».  Anche per Paola Binetti di Ap «la cannabis non può essere solo una questione che riguarda la criminalità organizzata e gli interessi economici che vi sono collegati. La cannabis fa male, anche se a venderla non sarà lo spacciatore all’angolo, ma la tabaccheria di Stato. Il nodo è il danno che provoca, scientificamente documentato».  Nettamente contrario un magistrato antimafia come Nicola Gratteri: per il procuratore capo della Repubblica di Catanzaro lo Stato «non può permettersi il lusso di legalizzare ciò che provoca danni alla salute». Poi precisa: «Di questi temi bisogna parlare con i dati e mai facendo un dibattito ideologico». E «i dati dicono che su 100 tossicodipendenti, 5 fanno uso di cannabis e solo il 25% di questi ultimi è maggiorenne, il resto è minorenne. Quindi affermare che legalizzare la cannabis aiuta a colpire la criminalità non è vero, perché i guadagni legati alle droghe leggere sono risibili rispetto al totale». Divisi i sindacati di polizia. Per Gianni Tonelli, segretario Sap, la legalizzazione sarebbe «utile» nella lotta al fenomeno ma «eticamente inopportuna» e «rischiosa» per i giovani. Favorevole invece il Siulp.
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