giovedì 17 dicembre 2015
Renzi: senza il decreto il coas. ​Forza Italia non vota. Bersani: ministro ok ma meno arroganza.
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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi difende ancora il decreto di salvataggio delle quattro banche in crisi che ha risolto «al 99% i problemi dei risparmiatori coinvolti». Anzi, «bisognerebbe fare un monumento a chi ha pensato il decreto », afferma il premier spiegando che l’alternativa sarebbe stata il caas e ora «chi è stato fregato deve essere risarcito e chi ha truffato deve pagare, non è molto difficile». Ma mentre il ministro Padoan difende in Parlamento il ruolo di vigilanza esercitato da Bankitalia e Consob, è sul piano politico che i problemi non sono affatto risolti. Il confonto tra maggioranza e opposizioni resta molto duro in vista della doppia mozione di sfiducia: quella contro il governo presentata da tutto il centrodestra, che si voterà a gennaio, e quella di domani contro il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, chiamata in causa per un potenziale conflitto di interessi legato al ruolo del padre, che è stato alto dirigente di Banca Etruria prima del commissariamento.«L’accusa di conflitto di interessi è chiaramente falsa», ha rimarcato Renzi, mentre sarà la «commissione d’inchiesta a chiarire le responsabilità degli ultimi 10 anni: noi non c’eravamo mentre ci sono partiti che si sono fatte le banche », ha detto accusando la Lega. Il muro contro muro ha apparentemente ricompattato il centrodestra: Berlusconi, Salvini e Meloni hanno ribadito in un comunicato «il sostegno alla mozione di sfiducia al governo Renzi per la vicenda del decreto salva banche». Il leader di Forza Italia ha però poi precisato che (a differen- za degli alleati) non sosterrà la sfiducia personale alla Boschi presentata dal M5S, sulla quale il suo partito si asterrà o uscirà dall’aula. La vicenda fa di nuovo emergere le divisioni in Forza Italia tra i fautori di un’opposizione dura e un’area più dialogante, guidata, accusa la Lega, dal capogruppo al Senato, Romani. Renzi non teme, invece, sorprese dal fronte interno al momento del voto e scommette che la mancata spallata diventerà un boomerang per le opposizioni. Pierluigi Bersani ieri ha detto che «non ha dubbi» nel dire «no» alla mozione di sfiducia, perché «non ci sono ragioni di conflitti di interessi». L’ex segretario del Pd e leader della minoranza interna bacchetta però il governo invitando «Renzi e Boschi a non ricorrere a toni muscolari, perchè in giro c’è turbamento. Bisogna rispondere con trasparenza, senza arroganza ». Il ministro per le Riforme «è molto determinata e forte, ma le consiglierei un tono più umile», ha rimarcato Bersani. Ieri peraltro è emersa un’altra possibile fonte di imbarazzo per Palazzo Chigi: si è saputo infatti che Roberto Rossi, capo della procura di Arezzo, l’ufficio che indaga sul dissesto di Banca Etruria, è consulente del governo. «Un incarico meramente tecnico che ho dal 2013 quando il governo era retto da Enrico Letta», ha spiegato l’interessato. Ma Lega e Forza Italia chiedono un chiarimento da parte di Renzi e al Csm il consigliere laico di Forza Italia Pierantonio Zanettin chiede di aprire una pratica sul caso per «valutare se sussistano profili di imcompatibilità» dal momento che «Rossi risulta consulente di Palazzo Chigi, alle dirette dipendenze della dottoressa Antonella Manzione, capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio». Manzione è l’ex comandante dei Vigili urbani di Firenze ed è stata chiamata nel nuovo incarico da Renzi.
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