sabato 11 maggio 2013
A Istanbul è stato fermato un uomo proveniente dall’Anatolia Centrale. La procura: «Voleva colpire il patriarca di Costantinopoli a fine mese». Le indagini sono partite da una lettera anonima. La data scelta per l’attacco al leader ortodosso, il 29 maggio, segnò la fine dell’Impero bizantino.
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La Turchia torna ad avere paura dell’intolleranza religiosa. Ieri la procura di Ankara ha fatto sapere di avere sventato un complotto per uccidere il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Una lettera recapitata all’ufficio del Procuratore generale e proveniente dai Kayseri, nell’Anatolia Centrale, ha avvisato che volevano uccidere il capo spirituale della Chiesa ortodossa il 29 maggio. Una data fin troppo densa di significato, visto che in quel giorno a Istanbul si commemora la caduta di Costantinopoli, che segnò la fine dell’Impero bizantino e il passaggio della città sotto il controllo degli Ottomani. Le indagini hanno portato all’arresto di una persona. I media nazionali lo hanno indicato con le sole iniziali di S.A. Originario di Kayseri, l’uomo si trovava a Istanbul da alcuni giorni. Agli inquirenti ha spiegato che era partito per andare a trovare dei suoi parenti, ma tutto sembrerebbe deporre a suo sfavore. Nel 2008 infatti, un’altra lettera anonima aveva informato che sempre S.A. voleva uccidere il Patriarca, ma senza riferimenti a piani o date precisi. Le prossime ore saranno decisive. La polizia sta cercando due complici, che avrebbero dovuto aiutare l’uomo arrestato nel compiere l’omicidio. Intanto, la Turchia è tornata nel grigio terrore in cui si è trovata tante volte fra il 2006 e il 2010, quando ben 5 uomini di fede sono stati barbaramente uccisi da solo apparenti malati mentali e fanatici, sempre con lo stesso copione e lo stesso finale: l’esecutore materiale dietro le sbarre, il mandante morale a piede libero. Nel febbraio del 2006 Ouzan Akdil assassinò don Andrea Santoro nella chiesa di Santa Maria di Trebisonda, sul Mar Nero, mentre stava pregando: lo ammazzò urlando «Allah u-Akbar», Allah è grande. Il 18 aprile del 2007 i tre presbiteriani Necati Aydin, Uur Yuksel e il tedesco Tilnman Geske, furono sgozzati dopo essere stati torturati per ore da 5 giovani ultrafondamentalisti. La loro colpa era quella di lavorare per una casa editrice autorizzata a stampare la Bibbia. Il 3 giugno 2010, monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, fu sgozzato dal suo autista, Murat Altun, che Padovese aveva aiutato tante volte e che considerava come un figlio.A questi momenti di terrore e odio, va aggiunta la violenza e gli attacchi. Anche verso gli ortodossi. Nel gennaio del 2006, in occasione della Benedizione delle Acque, uno dei momenti più importanti della liturgia Ortodossa, la processione con a capo Bartolomeo I e diretta verso il Corno d’Oro, fu attaccata da un gruppo di nazionalisti. Dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli non commentano, ribadendo la «loro fiducia nelle autorità turche». Ma la tensione è altissima. Bartolomeo I è una delle figure più in vista dentro e fuori la Turchia. Stimato dal governo islamico-moderato, ha sempre apprezzato le aperture di Recep Tayyip Erdogan, senza però smettere di sottolineare che devono essere ancora compiuti passi sostanziali, come la riapertura della scuola teologica ortodossa di Halki, alle Isole dei Principi e dove fino al 1971 si formavano le alte gerarchie del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.L’ultima volta aveva fatto parlare di sé qualche mese fa, quando aveva criticato la decisione di riaprire al culto l’ex chiesa di Santa Sofia a Trebisonda. Un atto che – secondo il patriarca Bartolomeo I – più che un connotato spirituale ne aveva uno ideologico.
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