sabato 15 settembre 2012
​Il piano per spegnere le centratli atomiche dovrà essere attuato progressivamente: un terzo dell'energia arriverà dalle rinnovabili. Lobby in rivolta: «Il premier si gioca le elezioni».
Francia, Hollande vuol tingere di verde l'atomo
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​Il Giappone ha scelto di rinunciare ufficialmente all’energia nucleare nel giro di tren’anni. Un cambio di rotta fondamentale della sua politica energetica. Che, indubbiamente, la crisi dei reattori di Fukushima – successiva allo tsunami dello scorso anno – ha incentivato, ridando voce all’opposizione all’atomo. Per anni il successo economico e il mito della sicurezza assoluta avevano relegato quest’ultima ai margini dell’impegno politico e civile. Ora, invece, le preoccupazione anti-nucleari sono entrate, a tutti gli effetti, nell’agenda politica di governo e opposizione. Effetti concreti saranno la ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, in particolare per quanto riguarda combustibili fossili, gas e petrolio, ma anche la ripresa dell’impegno verso fonti alternative rinnovabili, con l’obiettivo di arrivare al 30 per cento del fabbisogno nei prossimi anni. Una strategia di contenimento dei consumi con l’obiettivo di risparmiare entro il entro il 2040 il 10 per cento di energia rispetto ai valori del 2010 e l’impegno a sviluppare energie rinnovabili, oggi all’uno per cento del fabbisogno nazionale di elettricità, saranno i capisaldi della nuova politica energetica di Tokyo.Al momento, però, resta necessaria la riaccensione, almeno parziale – nei tempi concessi dalla messa in sicurezza degli impianti o dalla loro revisione cautelativa – dei reattori fermi da un anno e mezzo. La dismissione sarà, poi, graduale e avverrà in un limite massimo temporale di 30 anni.Prima dell’11 marzo 2011, il Giappone produceva in 54 reattori il 30 per cento della sua disponibilità elettrica, con l’obiettivo di portarla al 50 per cento. Oggi soltanto due dei quattro reattori della centrale di Oi, presso Fukui, sulla costa centro-occidentale dell’isola di Honshu, sono tornati in funzione. Un passo necessario per fornire l’energia necessaria alle aree produttive che fanno capo a Osaka, terza città del Paese.Con la decisione comunicata ieri, il Giappone si affianca alla posizione di Germania e Svizzera. Tali Paesi hanno deciso di rinunciare al proprio nucleare dopo che il blocco dei reattori e la successiva massiccia emissione di radiazioni nella centrale di Fukushima 2, hanno innescato la peggiore crisi nucleare degli ultimi 25 anni. Cioè dopo il dramma di Chernobyl nel 1986.Il primo ministro Yoshihiko Noda, che si prepara a nuove elezioni entro l’anno, ha dovuto fronteggiare l’opposizione della forte lobby pro-nucleare e dovrà con ogni probabilità cedere la guida del partito e del governo. Noda, però, non ha voluto cedere e ha condotto l’esecutivo verso una decisione difficile, anche alla luce dei costi aggiuntivi, previsti in 40 miliardi di dollari all’anno, per importare maggiori quantità di combustibile.
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