lunedì 15 luglio 2013
​È il tredicesimo Stato che limita l'interruzione di gravidanza. La norma innalza anche gli standard di sicurezza delle cliniche dove il trattamento viene praticato: regole come nei centri chirurgici.
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Il Texas è diventato ieri il 13esimo Stato Usa a non ammettere aborti dopo la ventesima settimana di gravidanza, grazie a una legge che impone anche altri limiti severi alle cliniche abortive. Con 19 voti a favore e 11 contrari, il Senato dello Stato del Sud ha infatti approvato la misura, nonostante l’ostruzionismo di alcuni democratici. La senatrice democratica Wendy Davis il 25 giugno aveva parlato per 13 ore di fila per impedire la votazione del testo nei tempi fissati, dopo il via libera della Camera. Ma il governatore repubblicano Perry ha convocato una sessione straordinaria del Senato per poter aggirare il “filibuster” (l’ostruzionismo). E, durante il voto finale, la polizia, presente in modo massiccio nella tribuna riservata al pubblico, ha espulso i manifestanti abortisti più rumorosi prima che lanciassero bottigliette riempite di urina ed escrementi. Oltre a vietare le interruzioni di gravidanza dopo le 20 settimane dal concepimento (salvo pericoli gravi e imminenti per la salute della madre) la nuova legge innalza gli standard di sicurezza delle cliniche che praticano l’aborto, equiparandoli a quelli dei centri chirurgici, che hanno regole e prassi più severe. Una misura che potrebbe portare alla chiusura di 37 delle 42 cliniche specializzate del Texas. Inoltre i medici che eseguono un aborto dovranno garantirsi la possibilità, in caso di complicazioni, di far ricoverare la donna in un ospedale che non disti più di 30 miglia. Limitazioni vengono introdotte anche all’uso della pillola abortiva, la RU-486, che dovrà essere somministrata sotto strettissimo controllo medico. «Oggi il Texas ha compiuto il passo finale nel suo storico sforzo di proteggere la vita», ha commentato Perry, che ha fatto sapere che firmerà la nuova legge. La misura è il risultato di una campagna condotta da alcuni gruppi di difesa della vita che vogliono cambiare le regole americane sull’aborto Stato per Stato e non puntare gradualmente a un nuovo pronunciamento della Corte suprema che vanifichi la sentenza pro-aborto di quarant’anni fa. È una tattica che ha goduto di sorti diverse fino a questo punto. In marzo, ad esempio, l’Arkansas, nel tradizionale Sud degli Usa, aveva approvato una legge che proibisce l’aborto dopo la 12a settimana. Ma in maggio un giudice federale l’ha dichiarata incostituzionale e l’ha bloccata. Lo scorso novembre, in Mississippi, un referendum che avrebbe introdotto nella Costituzione statale un emendamento che riconosce la vita umana fin dal concepimento è stato sconfitto alle urne. Ma proprio ieri l’Illinois, dopo una sentenza della Corte suprema statale, è diventato il 38esimo Stato a rendere obbligatorio informare i genitori di una minorenne della sua volontà di abortire.
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