giovedì 11 aprile 2013
Oltre alla fame, alle bombe e alla mancanza di sicurezza, molti di quanti sono rimasti in città hanno subìto violenze ed esecuzioni sommarie. «Non si sa nemmeno dove seppellire i morti perché i cimiteri sono pericolosi». Caritas Italiana rinnova l'impegno a sostenere i profughi, che sono ormai quattro milioni.
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I ministri degli esteri del G8 si dicono «atterriti» dal numero dei morti in Siria. È quanto si legge nel comunicato conclusivo del vertice che si è tenuto a Londra. Sono ormai 90mila le vittime del conflitto siriano e centinaia di migliaia le persone che si sono rifugiate in Libano, Giordania e Turchia. Complessivamente, fra i rifugiati all’estero e sfollati interni sono almeno quattro milioni i siriani ridotti in povertà. In Libano in particolare si parla di un milione di profughi siriani. Mentre nel Paese non si fermano le violenze: solo oggi gli attivisti dei Comitati di coordinamento locale in Siria denunciano un «nuovo massacro commesso dalle forze del regime» di Bashar al-Assad accusate di aver sterminato «un'intera famiglia composta da dieci persone, per lo più bambini» nella zona di Homs. La settimana santa è stata particolarmente difficile e con molte vittime, come riferisce monsignor Audo, Vescovo di Aleppo e Presidente di Caritas Siria. «La violenza colpisce tutti. C’è un continuo spostamento di famiglie, cristiane e musulmane in cerca di luoghi più sicuri. Manca spesso l’acqua, l’elettricità, i telefoni non funzionano, a volte per dei giorni». Il quadro che restituisce il racconto del vescovo di Aleppo è agghiacciante: «Ho l'impressione che le persone siano sempre più spossate. Sono tutti divenuti poveri e ognuno è alla continua ricerca di qualcosa da mangiare per sè e per la propria famiglia». Oltre alla fame, alle bombe e alla mancanza di sicurezza «molti di quanti hanno scelto di rimanere hanno subito stupri, esecuzioni sommarie davanti ai loro familiari», riferisce monsignor Audo. Chi si rifiuta di collaborare, viene ucciso immediatamente. Come è successo a un notabile musulmano della regione di Jabal-es-Saydeh, decapitato perché si era rifiutato di spingere la sua gente alla lotta violenta. «Non si sa nemmeno dove seppellire i morti, perché i cimiteri sono in territorio pericoloso».E mentre i ministri degli esteri del G8, riuniti oggi a Londra condannano le violenze e chiedono «a tutti i paesi» di rispondere come possono alle richieste di aiuti da parte dell'Onu per la Siria, Caritas Italiana rilancia le richieste di aiuto delle Caritas sorelle di Libano, Giordania e Turchia, oltre a quelle, ancora più urgenti, della Siria. A questo link, trovate tutte le informazioni per sapere come contribuire alle iniziative di Caritas Italiana in favore della Siria.

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