sabato 26 gennaio 2013
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​Una contestazione da parte di altri “fratelli” islamici è sicuramente l’ultima cosa che la Confraternita poteva aspettarsi. I salafiti, che erano da tempo diventati una vera spina nel fianco dei Fratelli musulmani alla guida del governo del Cairo, ora puntano addirittura a rimpiazzarli. Emersi dall’oscurità all’indomani della caduta di Mubarak, i salafiti del partito al-Nour (Luce) avevano conquistato alle elezioni legislative, poi annullate, 96 dei 498 seggi della Camera bassa del Parlamento, piazzandosi secondi dopo il partito Libertà e Giustizia, braccio politico dei Fratelli musulmani, che ha conquistato 127 seggi.Negli ultimi mesi, sulla scia del successo ottenuto, ma anche per meri dissidi interni e interessi personali, sono spuntati molti altri partiti, rendendo ingarbugliata la nebulosa salafita sulle rive del Nilo. L’ultima creatura in ordine di tempo si chiama Hadaf (Obiettivo), fondata pochi giorni fa dallo sceicco Mustafa Salamah. Il partito si prefigge di difendere la rivoluzione del 25 gennaio e le rivendicazioni dei lavoratori e di combattere la corruzione. La nuova formazione si aggiunge a numerose altre formazioni di cui nessuno conosce la vera consistenza: dal partito al-Fadìla (Virtù) dei fratelli Abdel-Maqsud, al partito Asàla (Autenticità) di Adel Afifi, al partito Costruzione e Sviluppo. Alla fine di dicembre, lo stesso al-Nour ha visto le dimissioni di massa di 150 suoi esponenti, tra cui l’ex presidente Emad Abdel-Ghafour con alcuni membri della Shura (la Camera alta) e diversi ex deputati. Troppo morbide, secondo loro, le posizioni assunte dai vertici di al-Nour in questi ultimi mesi. I dimissionari hanno dato vita al partito al-Watan (Patria) «aperto a qualsiasi cittadino egiziano che intende lavorare sotto l’ombra della sharia». Le dimissioni non sono giunte come un fulmine a ciel sereno. Già da alcuni mesi, le due anime della formazione politica, quella più dura e quella dell’apertura, si stavano fronteggiando in un duro braccio di ferro che a fine settembre aveva quasi portato alla spaccatura del partito. Il 9 gennaio, al-Nour ha eletto come nuovo presidente Younis Makhyoun che si è affrettato a rassicurare i copti («Da noi avrete solo giustizia e bontà», diceva) e la donna («Nessuna legge al mondo ha mai concesso alla donna i suoi diritti quanto la sharia islamica»). Ora Makhyoun accusa i Fratelli musulmani di non avere rispettato i patti dopo le elezioni presidenziali e afferma che il suo partito punta ad ottenere la maggioranza alle prossime legislative previste ad aprile. «Se i Fratelli musulmani sono conosciuti per essere i più organizzati, i salafiti sono i più numerosi», ha detto Makhyoun in una intervista al quotidiano al-Ahram, liquidando l’analisi secondo cui la spaccatura in seno al principale partito salafita lo danneggerà alle urne. «La vera gara – ha affermato ancora – sarà fra il partito dei Fratelli e il nostro». Makhyoun se la prende con Giustizia e libertà, il braccio politico della Confraternita e primo partito egiziano. «Tenta di monopolizzare le decisioni politiche e il potere. Dopo le presidenziali dello scorso anno nessuno ha chiesto la nostra opinione sulla scelta dei ministri o dei governatori e la maggioranza di loro è stato scelto fra i Fratelli musulmani, che ormai controllano completamente la macchina dello Stato fino alle nomine del direttore generale in ministeri come quello dell’istruzione, delle municipalità e degli affari religiosi».
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