sabato 25 agosto 2012
Marted' si svolgerà l'udienza per la bambina affetta da sindrome di Down che nei giorni scorsi è stata accusata di blasfemia. La difesa punta al rilascio della giovane dopo averne certificato l'età e la disaibiltà. L'imam Hafiz Khalid Chishti: «L'ho accusata per salvarla dal linciaggio ed evitare violenze alla sua famiglia». LIBERTA' RELIGIOSA, VAI AL DOSSIER
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L’udienza per decidere della sorte di Rimsha, la bambina pachistana in carcere dal 16 agosto perché accusata di avere bruciato alcune pagine di un testo propedeutico al Corano scritte in arabo è al momento fissata per martedì prossimo, allo scadere dei 14 giorni di custodia previsti dalla legge prima di finire davanti ai giudici che decideranno se procedere o meno contro di lei.La difesa punta sulla creazione di una speciale commissione medica che, nei prossimi giorni, possa appurare l’età della bambina, determinante dal punto di vista legale, e certificare la sindrome di Down o uno stato di incapacità mentale da cui sarebbe affetta. «Questi elementi – ha spiegato all’agenzia Fides Paul Bhatti, Consigliere del primo ministro per l’Armonia religiosa – possono consentire al giudice di cancellare l’accusa». La difesa punta quindi non a una libertà su cauzione, ma al rilascio della bambina, con motivazioni tali da non esporla a reazioni violente.Come sottolinea anche padre Emmanuel Yousaf, direttore della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale pachistana, un rilascio definitivo aprirebbe anche l’ipotesi di un suo trasferimento all’estero. Ad attendere con ansia la decisione del giudice sarà anche la famiglia di Rimsha e con essa centinaia di cattolici costretti a lasciare il loro quartiere-ghetto di Mehrabad, sobborgo della capitale Islamabad. Intanto Hafiz Khalid Chishti, l’imam della moschea locale, principale accusatore della bambina, ieri ha dichiarato che con la sua denuncia avrebbe inteso salvarle la vita. Consegnandola alla polizia avrebbe – sostiene – evitato il linciaggio e anche ulteriori violenze contro la sua famiglia. Chishti ha insistito anche sulla piena consapevolezza da parte di Rimsha, per lui 14enne, e di attendersi giustizia secondo la lettera degli articoli del Codice penale collettivamente conosciuti come «legge antiblasfemia».Come una parte consistente della società civile, anche la Commissione per i diritti umani del Pakistan ha chiesto ieri formalmente alle autorità il rilascio di Rimsha, il cui caso ha mosso anche la diplomazia internazionale, accentuando la pressione sul governo di Islamabad affinché intervenga ad attenuare gli effetti più arbitrari e negativi per le minoranze della legge. La Commissione si è dichiarata incredula davanti alle accuse contro una bambina, ma il suo caso rientra in una casistica che non coinvolge solo le divergenze di fede, ma in generale anche la condizione dei minori in Pakistan.Una circostanza sottolineata da padre James Channan, direttore del Centro per la pace di Lahore, fautore del dialogo interreligioso. «Le notizie di violenze in aumento nei confronti di bambini cristiani sono davvero inquietanti. Sono tante le bambine cristiane rapite, violentate e convertite a forza all’islam e perfino uccise come nel caso di Amaria Masih, la “Maria Goretti pachistana” – ricorda padre Channan –. Vi sono bambini rapiti e uccisi per loschi traffici, come il caso recente di Suneel Masih o quello di Shazia Bashir. Ora i bambini sono anche accusati di blasfemia, come Rimsha Masih. Se si colpiscono i bambini, si è davvero giunti a un limite intollerabile di prevaricazione e disumanità», ha dichiarato il religioso a Fides
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