sabato 23 marzo 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
​«Quel che ci possiamo ragionevolmente aspettare è che i due marò siano processati da un tribunale speciale, secondo quanto previsto dalla Corte suprema indiana nella decisione del 18 gennaio scorso» spiega Pasquale De Sena, professore di Diritto internazionale all’Università Cattolica di Milano. Previsione confermata ieri, a New Delhi, dal ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid.Sembra palese che «l’esecutivo italiano – prosegue il professore – abbia rinunciato a pretendere che sia il nostro Paese a giudicarli, e a far valere, in concreto (e perlomeno per ora...), il principio dell’immunità funzionale, secondo il quale, a giudizio dei più, ma non di tutti, l’azione dei marò non potrebbe essere imputata a loro personalmente, nella misura in cui si dimostri che essi hanno agito nell’esercizio delle loro funzioni». Non sembrano convincenti le dichiarazioni del ministro degli Esteri quando sostiene di aver disposto il ritorno dei fucilieri sul suolo indiano solo in seguito alla rassicurazione che non verrà loro comminata la pena capitale. «Sembra che questa garanzia fosse già stata data. Per i reati effettivamente attribuibili  a Girone e Latorre, aveva fatto rilevare l’India, non era prevista l’applicazione della pena di morte. D’altra parte – spiega De Sena – una simile garanzia non sarebbe comunque sufficiente dal punto di vista dell’ordinamento italiano». Nella metà degli anni ’90 venne pronunciata una sentenza che ha fatto scuola: «Si trattava – racconta l’esperto – di un caso in cui era richiesta l’estradizione di una persona negli Stati Uniti, Pietro Venezia, lì residente da 25 anni, all’epoca dei fatti. La Corte costituzionale valutò che a fronte della eventualità dell’esecuzione della pena capitale nei suoi confronti, nessuna rassicurazione che tale pena non sarebbe mai stata irrogata poteva essere sufficiente. E l’estradizione venne negata. Alla luce di questi fatti, il comportamento del nostro governo risulta dunque decisamente ambiguo».Un effetto positivo questa vicenda, però, lo ha avuto: «Ha acceso i riflettori dell’opinione pubblica internazionale su questa vicenda, senz’altro controversa, e che non viene giudicata in modo univoco neppure in India, soprattutto – conclude De Sena – per quel che riguarda le misure che sono state adottate nei confronti del nostro ambasciatore. Misure, queste ultime, che appaiono internazionalmente illecite, dato il rilievo giuridico delle norme sulle immunità dei diplomatici, anche a voler ritenere che siano state adottate a titolo di contromisura, da parte dell’India».E, ieri, De Mistura ha assicurato che non c’è più alcun impedimento o limitazione per i movimenti di Daniele Mancini. Il sottosegretario ha ricordato, tra l’altro, che la limitazione cozzava contro i principi dell’inviolabilità degli agenti diplomatici sancita dalla Convenzione di Vienna. Comunque, ha concluso, «il ministro Khurshid scriverà al più presto alla Corte suprema perché rimuova ogni impedimento».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: