sabato 30 giugno 2012
Non si placa la furia iconoclasta degli islamisti maliani: dopo lo scempio di sabato, con la distruzione di 3 dei 16 santuari di Timbuctu, oggi gli integralisti hanno abbattuto l'entrata dell'antica moschea di Sidi Yahya, risalente al 15esimo secolo.
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Non si placa la furia iconoclasta degli islamisti maliani: secondo un residente di Timbuctu, gli integralisti hanno distrutto l'entrata dell'antica moschea di Sidi Yahya, risalente al 15esimo secolo. "Hanno sradicato la porta sacra che non aprivamo mai", ha affermato uno dei testimoni. "Gli integralisti sono arrivati con i picconi, hanno cominciato a gridare Allah e hanno distrutto la porta. Questo è molto grave. Tra i civili che guardavano, molti piangevano",ha raccontato un'ex guida turistica della città.Dopo la distruzione dei Mausolei dei santi, Ansar Dine aveva minacciato di prendersela con le moschee della città, affermando di agire "in nome di Dio" e in rappresaglia contro la decisione dell'Unesco, il 28 giugno, di inserire Timbuctu nella lista del patrimonio mondiale in pericolo.LO SCEMPIO DI SABATOHanno circondato l’area con i pick-up. Poi, armati di Kalashnikov e asce, hanno cominciato a distruggere tutto: qualsiasi cosa avesse, per loro, una qualche attinenza con l’idolatria. La velocità e la violenza con cui il fondamentalismo islamico sta travolgendo il nord del Mali sembra non conoscere limiti. I miliziani di Ansar Dine, uno dei diversi gruppi estremisti che da mesi occupano un territorio grande quanto la Francia, hanno abbattuto sabato i preziosissimi mausolei di Timbuctu.«Un atto tragico», ha commentato con grave preoccupazione l’Unesco, l’agenzia culturale delle Nazioni Unite che nel 1988 aveva assegnato alla cittadina lo status di patrimonio dell’umanità. Gli islamisti hanno demolito completamente tre santuari, incluso quello di Sidi Mhamoud (Ben Amar). E hanno annunciato che li distruggeranno tutti e sedici. «I residenti hanno assistito allo scempio a bocca aperta, senza poter fare nulla», hanno raccontato fonti sul posto. L’attacco ai santuari, che ricorda la distruzione delle statue dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan nel 2001 da parte dei taleban, è, con tutta evidenza, la “risposta” dei fondamentalisti alla decisione dell’Unesco di inserire, giovedì, la cittadina maliana nella lista dei patrimoni del mondo «più a rischio». Una mossa “inaccettabile” per la visione iconoclasta dei salafiti. Contestualmente, le Nazioni Unite avevano sottolineato che «la presa di Timbuctu da parte degli estremisti potrebbe mettere in pericolo le sue meraviglie architettoniche». La reazione dei miliziani di Ansar Dine, che hanno giurato di portare una cruda versione della sharia in tutto il Paese, non si è fatta attendere.«Questa è una notizia drammatica per tutti – ha detto Alissandra Cummins, recentemente nominata direttore dell’Unesco – faccio appello a tutti gli attori coinvolti negli scontri a Timbuctu affinché agiscano in modo responsabile». Bernard Valero, portavoce del ministero degli Esteri francese, ha invece rilevato che «la violazione sistematica di questi luoghi di raccoglimento e preghiera costituisce un atto intollerabile». «Invochiamo quindi la fine di queste violenze e di questa intolleranza», ha chiesto Parigi. Quanto al governo maliano, ha detto di considerare gli attacchi ai mausolei come «un crimine di guerra».Timbuctu ha sempre avuto un grande valore simbolico per il Mali e ricopre tuttora un particolare ruolo storico per l’umanità. Tra il tredicesimo e diciassettesimo secolo, questo luogo alle porte del deserto era considerato il centro della cultura islamica in Africa sub-sahariana. Ma la realtà sta cambiando rapidamente. L’attuale ondata di radicalismo islamico di matrice salafita non ammette l’adorazione di statue, oggetti o luoghi di culto. E tale movimento si sta scontrando con il sufismo, una corrente islamica più moderata, maggiormente praticata in Mali.La situazione nel Paese è ormai allarmante. Dopo la presa di Gao, una delle tre più importanti città del Nord, oltre a Timbuctu e Kidal, gli islamisti hanno dichiarato giovedì di avere il completo controllo della regione. Ansar Dine, al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), e il Movimento per il monoteismo e il jihad in Africa occidentale (Mujao) sono riusciti a sconfiggere i ribelli tuareg del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla). Il Mali è ora uno Stato privo di un’autorità centrale e un Paese senza confini lungo i due terzi del territorio. Il presidente ad interim, Dioncounda Traore, è da molti giorni a Parigi dopo essere stato picchiato da una folla che protestava contro il suo mandato, mentre gli ex-golpisti, un gruppo sparuto di militari di basso rango che ha attuato il colpo di Stato il 22 marzo, tentano di governare il Sud.Un “covo” dell’insurrezione che fa molta paura non solo ai Paesi confinanti, ma anche all’Occidente. Nella regione sarebbero presenti campi di addestramento organizzati da estremisti islamici afghani, pachistani e, apparentemente, anche europei. Le Nazioni Unite, spinte dall’Unione africana e dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), stanno valutando l’ipotesi di una risoluzione per un intervento militare.«Sembra incredibile: il Mali era considerato un’oasi per il turismo africano», commenta Leonardo Paoluzzi, fondatore della Kanaga, una delle pochissime agenzie turistiche rimaste a Bamako. «Invece, ora, questo bellissimo Paese sta perdendo tutto».

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