mercoledì 5 dicembre 2012
​Il dirigente di una Ong è stato fermato a settembre a Malé. Nell’arcipelago la discriminazione contro i non musulmani è totale e sistematica. (Stefano Vecchia)
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Orlato da spiagge bianchissime e accerchiato da un mare blu cobalto, l’arcipelago delle Maldive nasconde dietro le sue palme da cartolina una tra le realtà più intransigenti al mondo in materia religiosa. Qui la discriminazione contro i non musulmani è totale e sistematica. A garantire l’obiettivo di una popolazione al 100% islamica, ci sono leggi che proibiscono ogni chiesa o luogo di culto, preghiere in luogo pubblico e l’importazione e distribuzione di materiale di carattere religioso, incluse Bibbie, se non per uso personale. Dopo l’espulsione nel 1998 di tutti gli stranieri coinvolti in attività missionarie, ai visitatori è consentito una pratica di fede esclusivamente privata e individuale. Il solo sospetto di proselitismo porta all’espulsione, ma anche a periodi detentivi. Come quello dello scorso anno per l’insegnante indiano Shijo Kokkattu, denunciato da un collega per avere caricato l’immagine della Madonna e alcuni canti mariani nel computer della scuola; come quello del bengalese Jathish Biswas, dirigente di un’organizzazione con fini sociali fermato questo settembre all’arrivo all’aeroporto della capitale Malé per avere con sé libri di tema cristiano nella lingua locale, detenuto per 23 giorni ed espulso il 19 ottobre insieme a un cittadino statunitense a lui collegato dalle indagini. Nonostante le leggi e le pressioni degli ulema, la radicalizzazione religiosa è, nelle sue conseguenze pratiche, recente. Dopo l’attentato che il 12 settembre 2007 provocò 12 feriti stranieri rischiando di cancellare l’arcipelago dalle mappe del turismo internazionale, il governo decise che doveva in qualche modo risolvere la partita con il crescente integralismo, in parte di matrice straniera. Lo fece in due modi: smantellando i covi dei simpatizzanti di al-Qaeda che si erano impadroniti di fatto di alcuni degli atolli più esterni; con un giro di vite sul “proselitismo” visto come una minaccia all’identità maldiviana.
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