lunedì 25 maggio 2015
​L'arcivescovo di Dublino Martin dopo la vittoria dei "sì" al referendum: "Rivoluzione culturale, gli effetti sono imprevedibili". Unioni civili, ora la discussione si riaccende in Italia
Vittoria del ri-sentimento di Salvatore Mazza
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​Dopo il voto in Irlanda per legalizzare matrimoni tra persone dello stesso sesso, la Chiesa cattolica deve "fare i conti con la realtà". Ne è convinto l'arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, secondo cui il risultato del referendum di venerdì è il risultato di una "rivoluzione sociale". "Penso - ha detto l'arcivescovo all'emittente Rte - la Chiesa debba fare i conti con la realtà su tutta la linea".
L'affluenza è stata del 60,5%. I sì sono stati il 62,1% (1,2 milioni di voti), i no il 37,9% (700mila).Intanto la macchina politica innescata dal referendum si è già messa in moto: il Parlamento di Dublino (Oireachtas), per bocca di un portavoce citato dall'Irish Times, fa sapere che le due camere daranno subito il via all'iter del Marriage Bill 2015, una modifica della Costituzione irlandese di cui il ministero della Giustizia redigerà in settimana il testo. L'obiettivo è l'approvazione prima delle ferie estive di un emendamento all'art.41, che reciterà: "Il matrimonio può essere contratto secondo i termini di legge da due persone senza distinzione di sesso". I contraenti potranno dichiarare di essere "marito e moglie" oppure "vicendevolmente sposati". Dal momento dell'entrata in vigore, non ci saranno più nuove unioni civili e quelle esistenti potranno scegliere di rinforzare il legame con le nozze. E si prevede che tutto ciò entrerà in vigore entro Natale.I matrimoni omosessuali erano un punto (mal digerito all'inizio) nel programma elettorale dei laburisti del ministro degli Esteri e vicepremier Eamon Gilmore. I conservatori del Fine Gael del premier Kenny si sono dovuti adattare quando a favore della libera scelta nel matrimonio si è espressa la Constitutional Convention, un organo consultivo che riunisce parlamentari di Dublino e anche dell'Ulster. Poi, quando nelle ultime settimane di campagna referendaria i sondaggi indicavano una chiara vittoria degli 'Yes', anche il Fine Gael si è lasciato trascinare dalla corrente.In una intervista alla Stampa, l'arcivescovo di Dublino Martin ha spiegato che "la maggioranza emersa in quasi ogni angolo del Paese ha sorpreso anche quelli che proponevano il referendum. Il ministro della Sanità ha detto che non è stato un referendum ma una rivoluzione culturale. La Chiesa deve chiedersi quando è cominciata questa rivoluzione culturale e perché alcuni al suo interno si sono rifiutati di vedere questo cambiamento. È necessario anche rivedere la pastorale giovanile: il referendum è stato vinto con il voto dei giovani e il 90 per cento dei giovani che hanno votato sì ha frequentato scuolecattoliche". E ancora: "Il voto riflette la situazione attuale della cultura irlandese: quanto è accaduto non è soltanto l'esito di una campagna per il sì o per il no, ma attesta un fenomeno molto più profondo. Quando andai in visita "ad limina" da Papa Benedetto XVI, la sua prima domanda erastata: dove sono i punti di contatto tra la Chiesa cattolica e i centri in cui si forma la cultura irlandese di oggi? Questa domanda di Papa Ratzinger è vera e bisogna trovare la risposta, perché siamo di fronte a una rivoluzione culturale". "È un cambiamento notevole - ammette l'arcivescovo di Dublino - i cui effetti concreti sono imprevedibili. Il premier cattolico assicura che per le chiese non cambierà nulla, ma saranno i tribunali a dover applicare la legge. Il matrimonio in chiesa èanche un matrimonio civile e le coppie gay che se lo vedrannorifiutare dal parroco potrebbero ricorrere ai giudici accusandoci di discriminazione se il legislatore non mette dei limiti. Nelle scuole cattoliche - aggiunge - gli insegnanti di educazione civica saranno obbligati a dire che il matrimonio è anche tra persone dello stesso sesso. Tutto questo creerà problemi". 
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