giovedì 17 luglio 2014
​Il nunzio a Radio Vaticana: «Partire senza prendere niente, perché tutto è proprietà dello Stato islamico».
Iraq, il marchio della vergogna
EDITORIALE Sulle case di tutti di Marco Tarquinio
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"Qui la situazione è molto grave; ai cristiani è stato chiesto di convertirsi all'Islam o di pagare la tassa per la religione imposta ai non musulmani oppure di lasciare la città". Così il nunzio apostolico in Iraq, arcivescovo Giorgio Lingua, descrive alla Radio Vaticana la drammatica situazione per i cristiani, che riguarda anche sciiti e curdi, rimasti nelle aree del nord del Paese, in particolare a Mosul, occupate dai jihadisti sunniti dell'Isis.La Chiesa irachena ha confermato che a Mosul i cristiani subiscono l'occupazione delle loro case e la sospensione di aiuti di prima necessità. "I vescovi - sia il vescovo caldeo, sia quello siro-cattolico sia quello siro-ortodosso - hanno chiesto ai fedeli di lasciare quanto prima la città", spiega monsignor Lingua. Al di là dei cristiani fuggiti nella Piana di Ninive, a Mosul, riferisce ancora il nunzio, qualcuno era rimasto, quelli che non sapevano dove andare o gli anziani... Adesso qualcuno in più sta uscendo, ma quei pochi che ancora non sanno dove andare rimangono. E infatti le loro case sono già state segnate con la scritta 'proprietà dello Stato islamico". "Al governo - aggiunge monsignor Lingua - si chiede di far fronte all'emergenza umanitaria che si sta creando per la gente che lascia le case e deve lasciare tutto, senza prendere nulla con sé. Questo infatti è stato quello che hanno imposto: di partire immediatamente senza prendere niente perché tutto è di proprietà dello Stato islamico. Quindi, si chiede al governo di intervenire anche con aiuti umanitari".
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