venerdì 8 febbraio 2013
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«Non possiamo sorprenderci troppo di essere arrivati a questo punto». Majed Hadj Ali, avvocato del direttivo del Partito Repubblicano, con lo studio che si affaccia su Avenue Bourguiba, legge la notizia dell’assassinio di Chokri Belaid con la rabbia che sta attraversando tutto il Paese, ma anche con grande disincanto. Il suo partito fa parte, insieme a Nidaa Tunis e Al Massar, di una “troika” dell’opposizione che punta a ricucire la frammentazione dei partiti laici per guadagnare un migliore posizionamento alle prossime elezioni. «È vero, l’eliminazione fisica a freddo, alla luce del sole, di un politico ha sconcertato il popolo che si è riversato in Avenue Bourguiba contro il governo ritenuto l’ultimo responsabile della violenza. Ma l’omicidio di Belaid è l’esito del crescendo di violenza che si registra da mesi. Le milizie della “Lega nazionale di protezione della rivoluzione”, vanno seminando terrore in ogni città e villaggio. Per chi lavorano? Basti considerare che non hanno mai attaccato nessuno degli esponenti dei partiti di governo. Nell’attuale ambiguità di chi è al potere, queste milizie si rinforzano». Cosa si aspetta ora? Jebali, presidente del Consiglio dei ministri, ha annunciato che il governo attuale sarà sciolto per lasciare il posto a un governo di tecnici. Vedremo. Ma forse è troppo tardi. Sono mesi che si chiede senza successo al governo di fermare la violenza dilagante sulla scena politica. Ecco solo qualche esempio: alcuni esponenti della Lega sono entrati poco tempo fa nell’Assemblea Costituente durante i lavori, insultando i deputati; altri hanno attaccato i partiti che accusano di essere legati al vecchio regime; a queste milizie è attribuita la responsabilità della morte, avvenuta dopo un pestaggio, di Lotfi Nakadh, dirigente locale del Partito Nidaa Tunis, nell’ottobre scorso, spiegata invece dal portavoce del ministro dell’Interno come un attacco di cuore; sono seguiti anche altri due tentati omicidi contro due dirigenti del Partito repubblicano. E ancora i ripetuti attacchi alle sedi del sindacato Ugtt, icona dell’indipendenza della Tunisia. Non abbiamo a che fare con una violenza spontanea, ma con attacchi ben organizzati, da mesi, secondo piani precisi.Il governo tecnico promesso potrebbe far uscire la Tunisia da questo impasse politico-istituzionale e dalla violenza?Ci hanno promesso un governo tecnico, è vero, ma il presidente del Consiglio dei Ministri non ha ancora detto quando, come e con chi. Intanto i partiti di opposizione hanno sospeso la partecipazione dei propri deputati ai lavori della Costituente per non legittimare questo modo di lavorare per la nuova Tunisia. Vede il rischio di un ritorno al passato? No. Se una cosa è certa è che non si può sottomettere questa rivoluzione.Come guarda alla vicenda egiziana da Tunisi?Noi non siamo l’Egitto. Le elezioni si faranno, ma non in queste condizioni. Se la Costituente agisce contro il bene di tutto il popolo, sarà fermata. (L’intervista integrale su www.fondazioneoasis.org)
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