mercoledì 4 marzo 2015
Contestata l'intervista a uno dei condannati, che denigra le donne. La regista britannica: minata la spinta al riconoscimento della parità, intervenga il premier. La pellicola attesa l'8 marzo.
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Dopo le polemiche, l'India ha vietato il documentario sullo stupro di gruppo che nel dicembre 2012 a Nuova Delhi costò la vita a una studentessa. La proiezione del film era stata prevista, in India e altri Paesi, per l'8 marzo in occasione del Giorno della donna. La regista britannica ha rivolto un appello al premier Narendra Modi.Il governo lo ha deciso a causa delle scioccanti dichiarazioni di uno degli stupratori e della presunta violazione delle regole legate a simili opere. Il documentario India's Daughter ("La figlia dell'India"), della regista britannica Leslee Udwin, contiene infatti un'intervista a Mukesh Singh, condannato a morte per la violenza, e ad altri responsabili. La polizia di Delhi ha spiegato che il divieto alla trasmissione è stato richiesto perché le affermazioni dello stupratore potrebbero creare un'atmosfera di "paura e tensione", che rischia di creare rabbia pubblica.La regista si è detta "profondamente rattristata" dal divieto imposto in India, che "mina l'appassionata spinta verso l'uguaglianza", ma ha sottolineato che nel resto del mondo il film sarà trasmesso come programmato. Ha spiegato di avere intervistato il condannato in carcere dopo aver ottenuto tutti i permessi e di aver dato alle autorità la possibilità di vedere tutte le riprese, che non sono però state visionate. Ha quindi rivolto un appello allo stesso primo ministro indiano, Narendra Modi, perché intervenga nella vicenda. Il ministro dell'Interno, Rajnath Singh, nell'annunciare che il film non sarà trasmesso in India, ha accusato l'autrice di aver violato "le condizioni" al permesso di registrare all'interno del carcere, non mostrando le intere riprese alle autorità penitenziarie. "Il film contiene i commenti di un condannato, altamente denigratori e affronto alla dignità delle donne", ha detto Singh in Parlamento. Nel documentario, lo stupratore incolpa la vittima per il crimine, per aver resistito allo stupro. Afferma anche che le donne siano più responsabili degli uomini, nelle violenze sessuali. Gli ufficiali hanno poi approvato una versione ridotta, ha aggiunto.Per lo stupro di gruppo su un bus notturno e la morte della studentessa sono stati condannati a morte quattro uomini, ma la loro esecuzione è poi stata sospesa alla Corte suprema. Uno dei quattro si è impiccato in cella, mentre un altro che al momento della violenza era minorenne è stato condannato a tre anni in un carcere minorile.
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