giovedì 8 gennaio 2015
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Said e Cherif Kouachi Nati in Francia, rimasti presto orfani e dati in affidamento, con precedenti legati al mondo dell'islam radicale: è il profilo di Said e Cherif Kouachi, i due fratelli franco-algerini in fuga nel nord-est del Paese, sospettati di essere gli autori della strage a Parigi contro la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, costata la vita a 12 persone.Rispettivamente di 32 e 34 anni, i due giovani non sono sconosciuti alle autorità: in particolare il maggiore, Cherif, è stato condannato nel 2008 a tre anni di prigione per il coinvolgimento in una rete di reclutamento internazionale di jihadisti da inviare in Iraq, denominata Buttes-Chaumont dal nome del parco parigino nel 19esimo arrondissement dove erano soliti incontrarsi. Una cricca che gravitava intorno alla moschea di rue de Tanger, guidata dal predicatore Farid Benyettou, condannato a sei anni di carcere. All'epoca Cherif venne descritto più come un teppista che come un giovane indottrinato. "Il mio cliente è stato manipolato", "fuma, beve e si interessa di calcio, un bersaglio ideale per i predicatori islamici", disse il suo avvocato Vincent Ollivier, quando Cherif venne preso, poco prima di partire per la Siria, tappa di avvicinamento verso l'Iraq. In un reportage mandato in onda nel 2005 su France 3, il giovane appariva normale, con desideri simili ai tanti coetanei del quartiere. L'incontro con l'emiro Benyettou cambia le cose, i semi della violenza vengono istillati e nasce il progetto di partire per il Medio Oriente. La preparazione è però contraddistinta dall'approssimazione, un certo dilettantismo che comprende jogging nel parco e un incontro fugace con una specialista di armi che gli insegna a maneggiare un kalachnikov. Secondo un educatore interpellato all'epoca, il giovane si era reso conto troppo tardi di essere stato circuito e arruolato dal suo mentore senza essere pienamente cosciente del gesto e delle sue implicazioni.Condannato a 3 anni, ridotti a 18 mesi con la condizionale, per Cherif, proprio il periodo del carcere di Fresnes sembra essere coinciso con l'indottrinamento. Il giovane una vola uscito viene trovato "cambiato" da quelli che gli sono vicini. Nel 2010, il suo nome spunta fuori nuovamente legato al progetto di evasione di Smain Ait Ali Belkacem, membro del Gruppo islamico armato (Gia) algerino, condannato all'ergastolo per l'attentato alla metropolitana di Parigi nel 1995, ma la sua posizione viene stralciata.È in questo periodo che i servizi dell'anti-terrorismo vedono apparire al suo fianco il fratello Said, ma senza molti altri elementi, tranne un'indicazione di un periodo in Siria quest'estate, fino al loro ritorno sulle scene, pesantemente armati, mercoledì. Amedy Coulibaly e Hayat Boumedienen

​Amedy Coulibaly e sua moglie Hayat Boumedienne: 32 e 26 anni, sono stati definiti i Bonnie e Clyde del terrorismo islamico. Sono saliti alla ribalta della cronaca del terrore con l'omicidio, giovedì 8 gennaio, della poliziotta venticinquenne di origine martinicana, Clarissa Jean Philippe. Braccati si sono asserragliati in un negozio di alimentari ebraico con molte persone, ostaggi o nascosti tra gli scaffali. L'uomo era uscito di carcere due mesi fa, con una fedina penale piuttosto lunga. Tra i precedenti anche l'avere partecipato a un piano per liberare il responsabile dell'attentato alla stazione di Saint Michel di Parigi 20 anni fa, Smait Ali Belkacem. Tra lui e i fratelli Kouachy c'è un legame che parte dalle stesse frequentazione nell'ambito dell'estremismo islamico. Erano stati, tutti e tre, legati a Djamel Beghal, condannato poi per terrorismo, per avere ordito un progetto di attentato contro l'ambasciata degli Stati Uniti in Francia. Di fatto erano suoi seguaci, insieme anche alla ragazza, che poi ha sposato nel 2009 Amedy ma solo con rito religioso. Da allora la giovane indossa il velo islamico integrale. Hayat  è nata nel 1988 in una famiglia con sette figli; la madre è morta quando lei aveva 6 anni e dopo due anni è stata affidata, con i fretalli più piccoli, ai servizi sociali. 
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