martedì 13 gennaio 2015
Raggiunto all’ultimo l’accordo sul voto. A 5 anni dal sisma la sfida è lo sviluppo.
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La moltitudine di candele ha strappato il manto spesso della notte haitiana. E un fiume di luce ha acceso le gole rossastre di Titanyen. Là, a nord della capitale, è sepolta gran parte delle 220mila vittime del terremoto di cinque anni. E là, si è svolto il momento clou delle celebrazioni dell’anniversario: con la Messa e poi, la fiaccolata. La memoria del 12 gennaio 2010 resta indelebile. Haiti, però, cerca faticosamente di andare avanti. Un timido segnale in questa direzione è arrivato proprio all’alba di ieri, dopo una lunga notte di trattative nel restaurato Palais Nationail (palazzo di governo): il presidente Michel Martelly e i rappresentanti dell’opposizione hanno raggiunto un accordo sul voto, che si svolgerà entro l’anno. Le elezioni amministrative e legislative sono in ritardo di oltre tre anni: se non si fosse trovato un compromesso entro ieri, Martelly avrebbe potuto governare per decreto. Proprio quel che voleva, sostengono i rappresentanti dell’opposizione. Lo spettro di un nuovo governo autoritario – in un Paese che ha trascorso oltre 70 degli ultimi cento anni sotto un dittatore – ha provocato due mesi di violente proteste, facendo precipitare Haiti nella peggior crisi politica dal 2004. La fragile intesa non risolve le cause del malcontento: in tanti criticano il governo, accusandolo di «corruzione», «stile autoritario» e « cambiamenti cosmetici». In particolare, suscita perplessità la scelta – sostenuta dagli Usa – di impiegare parte dei 10 miliardi di aiuti internazionali per la creazione del mega parco industriale di Caracol, a nord dell’isola, e per costruire complessi turistici mentre a Port-au-Prince ci sono ancora 80mila sfollati e il 40 per cento degli abitanti è senza impiego. Almeno, però, l’accordo consente ad Haiti di concentrarsi sul suo eterno dilemma: come innescare un processo di sviluppo che liberi il Paese dalle sabbie mobili del sottosviluppo? «Resta molto lavoro da fare», ha detto il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, lo stesso concetto espresso sabato da papa Francesco. E ha annunciato la missione del Consiglio di sicurezza nell’isola dal 23 al 25 gennaio. Ban ha, inoltre, ha ringraziato «il popolo haitiano per la perseveranza» e i tanti privati e Ong che, nonostante le difficoltà, restano al suo fianco. «La nostra garanzia si chiama Divina Provvidenza», scrive ad Avvenire, fra Enzo Del Brocco, impegnato al fianco di padre Rick Frechette nell’Ospedale pediatrico Saint Damien. Una struttura d’eccellenza – portata avanti da Nuestros Pequeños Hermanos (Nph), associazione rappresentata in Italia dalla Fondazione Rava – che, nel caos post-sisma, ha svolto un ruolo chiave nella cura ai malati. Insieme all’ospedale San Camillo e a quelli di Medici senza Frontiere (Msf). «Le sfide sono tante – conclude il missionario – ma la speranza è più grande».
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